Carissime Annunziatine,
L’uomo è viatore... in salita
La speranza abita tra il presente
e la mèta da raggiungere. Scriveva nel 1945 il filosofo Gabriel Marcel: «L’Homo
viator è l’uomo in cammino, esso desidera e spera così si apre al futuro».
Ciascun uomo è viatore perché cammina sulla via che lo conduce in Cielo: fin
quando non è arrivato è tale. Gesù stesso si è fatto “viatore” per noi quando
ha vissuto tra noi su questa terra e conosce il nostro peregrinare. Nell’Antico
Testamento vediamo che i Patriarchi sono sempre in cammino. Israele è sempre in
cammino e quando ha raggiunto la terra promessa, rimane il pellegrinaggio per
raggiungere e lodare il Signore nel suo Tempio in Gerusalemme. Questo cammino
si trasforma in “esilio” quando non segue il suo Signore. In ebraico il nostro
termine “esodo” (dal greco “uscita”) viene
espresso con la parola “salita”. È lo stesso termine usato per andare in
pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme, mentre i salmi che accompagnano questo
cammino sono i salmi della salita (in latino i salmi “graduali”). Anche nei
Vangeli si parla di “salire a Gerusalemme”. Dovremmo dunque parlare di
pellegrinaggio cristiano come di un “viaggio in salita” verso Dio e non solo
verso un luogo geografico. L’anno che viene è “giubilare” e la Chiesa ci invita
dunque ad un cammino in salita: camminare verso il Cielo, verso Dio. Se il
nostro vivere rimane solo orizzontale, solo terreno, solo ordinario, non
raggiungeremo mai la vera mèta. Per questo nel nostro zaino, ma soprattutto nel
nostro cuore, è necessario riporre con cura prima di tutto fede, speranza e
carità. Ma la speranza è come il nostro “bordone” (cioè il bastone del
pellegrino): grazie ad essa possiamo continuare a salire.
Pellegrinaggio giubilare
Il Giubileo prima di tutto è un percorso spirituale in un tempo stabilito. Vale la pena di soffermarsi su queste due caratteristiche che sono anche religiose e liturgiche: raggiungere un luogo determinato e farlo in un tempo determinato. Questo vale anche per l’anno liturgico e per i luoghi della celebrazione liturgica. Per questo ci mettiamo in cammino. Se tutto è uguale perché muoversi? e perché farlo in un determinato tempo? Ci sono dunque “luoghi” e “tempi” diversi dagli altri. Se così non fosse tutto sarebbe noioso e monotono. La festa è un giorno diverso da quelli ordinari. Inoltre questa diversità non è soggettiva ma comunitaria e oggettiva. Molte religioni hanno i loro rispettivi luoghi e tempi di pellegrinaggio: è una dimensione umana e sociale. Il nostro pellegrinaggio deve essere cristiano, deve colorarsi e ravvivarsi dell’occasione di essere più cristiani. A Roma possiamo andarci anche da soli ed in un altro momento, non è necessario andarci durante il Giubileo. Infatti non è affatto una cosa obbligatoria e indispensabile come l’andare a Messa, ricevere i sacramenti, ecc. Ci sono tanti altri pellegrinaggi e ricorrenze ma nel 2025 la Chiesa tutta si orienta su Roma per ricordarci che la nostra fede è fondata sulla predicazione degli Apostoli, in primis san Pietro e san Paolo le cui tombe sono a Roma. Visitiamo le tombe di coloro che sappiamo sono vivi in Cielo, e che da lì intercedono per noi che siamo ancora sulla terra. La Chiesa è comunione di quelli che sono già in Cielo e di quelli che sono ancora in cammino verso il Paradiso. È un momento ecclesiale, insieme sociale e storico ma anche spirituale e di grazia. È un’occasione di grazia per questo tempo che viviamo. Non dobbiamo svalutare il dono delle indulgenze che sono legate alle visite giubilari. Sono proprio queste che ci rendono la dimensione cristiana di questo pellegrinaggio. Senza di esse sarebbe solo una attività turistica. Tuttavia molti cristiani (e molte Annunziatine) non hanno più le forze o la possibilità di fare il pellegrinaggio giubilare a causa di età e salute malferma. Per questo va ribadito il valore ecclesiale e comunitario di questo evento. È dell’intera Chiesa: ne partecipano in presenza quelli che possono camminare, ma ne fruiscono le grazie anche tutti gli altri cristiani che sono in comunione. Quando si va in pellegrinaggio portiamo con noi anche quelli che, in comunione con noi, non possono essere fisicamente con noi, anche loro partecipano del dono di grazia. Da non dimenticare poi la comunione dei defunti, specie per quelli che non hanno ancora raggiunta la mèta eterna e stanno ancora in purificazione. Anche loro partecipano della nostra speranza pellegrinante. Ci affidiamo a Maria, stella del nostro cammino, affinché ci ottenga abbondanti grazie in carità, fede e speranza.
Don Gino
Nessun commento:
Posta un commento