Memoria e fedeltà
Carissime Annunziatine,
il mese di novembre
inizia con la Solennità di tutti i Santi e termina con l’inizio dell’Avvento,
ma non prima che abbiamo potuto celebrare il ricordo liturgico del nostro amato
Fondatore.
Ovviamente dopo i Santi
viene la Commemorazione di tutti i Fedeli Defunti che quest’anno cade di
domenica. È interessante notare che la “commemorazione” è il grado minimo delle
celebrazioni liturgiche (meno di una memoria facoltativa), ma questo ricordo
dei Fedeli Defunti è l’unico giorno che viene celebrato anche se capita di domenica.
Siamo dunque invitati a
fare memoria: del nostro Fondatore e del suo insegnamento; di tutti i Fedeli
Defunti che non possiamo dimenticare; di tutti i Santi, quelli conosciuti e
quelli che solo in Cielo conosceremo. Nella prospettiva della storia della
Salvezza, che significa che anche noi un giorno parteciperemo a questa
celebrazione liturgica, ma dall’altra parte.
Fare
memoria
Fare memoria significa ricordare, cioè non dimenticare
qualcuno. Nell’antica cultura latina il termine “memoria” non era un concetto
solo mnemonico, ma concreto, tangibile. Gli stessi monumenti funebri erano
chiamati “memoria”. Ma anche il culto degli antenati era una memoria.
Nella cultura ebraico-cristiana – più legata al termine
greco di “anamnesi” – il significato è simile, ma con un accento nel ricordare
le meraviglie che Dio ha realizzato nel passato e che sono il fondamento della
nostra vita anche oggi.
Per prima cosa occorre “ricordare” le cose importanti del
passato. Senza la memoria del suo passato un popolo non esiste, noi stessi
contiamo poco perdendoci nella storia dei dimenticati.
Il Cristianesimo ha una particolare sensibilità nel
ricordare. Siamo legati, profondamenti uniti a quelli che ci hanno preceduti
non per un legame di sangue – questo è la legittima memoria degli antenati – ma
perché fondati su Cristo. La sua Natività e la sua Resurrezione sono eventi
storici, realmente accaduti, anche se trascendono la storia perché
soprannaturali e divini.
Lungo l’Anno Liturgico ricordiamo gli eventi della nostra
salvezza e quelli di coloro che ci hanno preceduti in questa storia di salvezza
e che è anche la nostra.
Ma la memoria dei
cristiani rimane una storia sorprendente e sempre misteriosa. La storia umana
ricorda i vincitori, non gli sconfitti che sono dimenticati. Anche se i
discepoli del Divin Maestro, fedeli ai suoi insegnamenti, sono spesso stati
sconfitti umanamene: maltrattati, disprezzati, straziati ed uccisi... eppure li
ricordiamo come vittoriosi con Cristo, veramente vivi nel Regno dei Cieli.
La prospettiva dell’Avvento (e della parusia) non è
secondaria per la fede cristiana. Quando questa si illanguidisce la Chiesa
perde splendore spirituale ed incisività nel mondo. I fedeli di Gesù non
vincono con la forza, ma con l’esempio, non con la violenza di questo mondo, ma
con la dolcezza della carità che apre l’ingresso al Regno dei Cieli.
Santi
in ogni tempo ed in ogni stato di vita
Vinciamo il mondo con la forza dello Spirito. Tuttavia duemila anni di storia ci
insegnano che la Chiesa ha camminato anche con le realtà umane. Chi insegna un
cristianesimo ideale e disincarnato è fuori della autentica storia della
salvezza.
Guardando i santi
possiamo osservare come essi coprano ogni stato di vita ed ogni momento della
storia. Non c’è tempo o luogo o situazione in cui non sia possibile essere
fedeli testimoni di Cristo. Certo, con l’aiuto della grazia, ma non esiste
luogo o spazio in cui la potenza del sangue del Risorto non possa agire.
Ci sono santi soldati e
santi assolutamente disarmati (a volte hanno vissuto entrambe le realtà come
san Martino di Tour, san Camillo de Lellis, sant’Ignazio... ). Nel santorale
troviamo santi eremiti praticamente sconosciuti, ma anche personaggi notissimi
anche nella storia civile (si pensi a san Leone Magno, a sant’Ambrogio, a
sant’Agostino, fino agli ultimi santi Papi). Troviamo umili ciabattini e
sovrani esemplari...
Come ricorda san Francesco di Sales praticare le virtù
cristiane fa vivere ricolmi dello Spirito... e ci rende anche più cordiali e
simpatici.
Fare memoria dei santi e dei fedeli defunti non ci fa
dimenticare che la Chiesa tutta – finché ci saranno uomini in questo mondo – è
fatta di santi e di peccatori. Ma, come ricorda sant’Agostino, il confine tra
le due città (quella del mondo e quella di Dio) passa troppo spesso nel mezzo
del nostro cuore che è ancora diviso, mescolato di grazia e di imperfezioni.
Non solo la Chiesa intercede e suffraga per i fedeli
defunti ma ribandendo il legame indissolubile
della carità che lega i fedeli nel tempo e nell’eternità, chiede anche a
coloro che sono nell’aldilà di intercedere per noi. Fino a quando anche noi
avremo un cuore pienamente unito nell’amore di Cristo e totalmente indiviso
dalla volontà di Dio.
Memoria
che diventa fedeltà
Avere un cuore solo ed una sola anima era l’ideale della
prima comunità cristiana e deve esserlo anche della Chiesa di oggi.
Oggi dobbiamo vivere la
fedeltà all’insegnamento di Gesù. Come lo hanno realizzato i santi del
calendario appartiene al passato, noi siamo chiamati ad essere fedeli ed uniti
al Maestro Divino oggi e nelle situazioni quotidiane e sociali dove ci troviamo
a vivere.
La fine del mese di novembre ci conduce a fare memoria
liturgica di don Alberione insieme all’intera Chiesa. Ma ci deve essere anche
un monito ad essere fedeli al suo insegnamento per realizzare oggi la volontà
di Dio nella missione apostolica e nella santità personale.
Ne dobbiamo fare memoria ricordandoci della sua figura,
delle sue opere e del suo insegnamento. Ma come “figli” – anche se non lo
abbiamo conosciuto di persona – dobbiamo realizzare la memoria praticando con
fedeltà i suoi insegnamenti, che sono utili anche per gli uomini di oggi.
A noi spetta adattarli
e testimoniarli con creatività lì dove viviamo. La fedeltà è sempre creativa,
altrimenti non lo è affatto. Fare memoria significa rendere questo attuale
oggi.
Don Alberione chiede ai suoi figli di essere “Paolo vivo
oggi”. Questa è la “memoria” – nella liturgia e nella nostra vita – che
dobbiamo celebrare e vivere.
don Gino




