sabato, giugno 21, 2025

Maria tutta bella sei

 


Tra i volti femminili dell’A. e N. Testamento, il più bello, l’unico immacolato è quello di Maria.
Rapiti, esclamiamo con la Chiesa:

Tutta bella sei, o Maria;
Le tue vesti sono come la neve,
La tua faccia è come il Sole”.

Sei la reggia del cielo,
la perla del paradiso,
il Paradiso di Dio,
la fragranza di Dio!
Trabe nos!
Attiraci, o Maria.

Sul tuo esempio, dacci di amare la verginità che è eccelso dono di Dio, virtù angelica, gemma preziosa, atto di amore perfetto, che vale quanto il martirio, e che è sacrificio più gradito a Dio su questa terra, dopo quello della S.Messa.
Donaci di custodire e rispettare con purezza il nostro corpo, tempio vivo dello Spirito  Santo.

Donaci una vita pura, o Maria!
Liberaci dalla mediocrità e dalle difficoltà, dalle colpe e dalla selva dei peccati nostri; tiraci fuori da noi stessi, dall’amor proprio e dall’egoismo.

Prenditi cura di noi.
Attiraci a Te. Cammineremo anche noi dietro a Te, che vai sollecita verso Dio. Correremo con Te, attirati dal profumo della tua purità,
 e dalla bellezza della tua persona.
E accoglici estasiati sotto il Tuo manto.
Manto candidissimo, stellato.

( dal libro: Ave piena di grazia - 1979  - Domenico Bartoletti)



sabato, giugno 07, 2025

Un pò di Latino

 UN PO’ DI LATINO... 

Carissime Annunziatine, 

il 10 maggio abbiamo conosciuto nome e volto dell’attuale Pontefice: Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost. Avremo tempo e modo di ascoltare il suo magistero e la sua paterna azione, seguendo le indicazioni del nostro Fondatore che sempre ha raccomandato ai suoi figli unità e fedeltà al romano Pontefice. Vorrei invitarvi ad osservare il suo stemma e motto. Papa Leone XIV ha scelto di mantenere stemma e motto episcopale, intendendo così esprimere una continuità di identità e programma. Pure Papa Francesco aveva fatto lo stesso. Il suo motto era “Miserando atque eligendo”, cioè “con sentimento di amore e lo scelse” riferito alla chiamata di san Matteo. Anche Papa Leone XIV ha scelto simboli che lo identificano in relazione alla sua famiglia religiosa e un riferimento mariano.
Nello stemma troviamo: a) il legame alla Vergine Maria (il giglio), b) e quello con Gesù (cuore trafitto con il libro). Sono elementi che vengono dal suo ordine religioso cioè gli Agostiniani (è il primo Papa appartenente a quest’ordine). Il nuovo Papa ricorda che non rinnega ma riconferma la sua identità. È come se dicesse: provengo da questo Ordine religioso, così mi potete riconoscere. Riguardo alle parole del motto, queste esprimono il programma, cioè il progetto pastorale che desidera realizzare. Anche noi dovremmo avere un nostro motto/programma. Del resto agli Esercizi siamo invitati a fare il nostro programma e il nostro progetto spirituale.

 In Illo uno unum 

Già da vescovo Prevost scelse l’espressione: “In Illo uno unum”.e parole «Nell’unico Cristo siamo uno», sono riprese da una predica di sant’Agostino (sul Salmo 127), per spiegare che «sebbene noi cristiani siamo molti, nell’unico Cristo siamo uno». È un’espressione programmatica, non si può tradurre alla lettera, inoltre deve anche essere sintetica. Sarebbe meglio tradurre: “nell’Unico siamo uno”, perché nell’Unigenito Figlio di Dio noi cristiani diventiamo un solo corpo, Lui il Capo e noi le membra. Agostino quando spiega i Salmi osserva spesso il passaggio del verbo dal singolare a plurale e considera come nella preghiera della Chiesa si alternano la voce di Cristo e quella della Chiesa: come Capo del corpo mistico intercede per la Chiesa oppure prega con la Chiesa; mentre questa talvolta si rivolge ad una sola voce al suo Signore, in altri momenti ad una voce prega il Padre con l’Unigenito. Nello spiegare il salmo 127 insegna che: «Si tratta di una moltitudine di uomini e insieme di un uomo solo, poiché, pur essendo molti i cristiani, uno solo è il Cristo. Un unico uomo, Cristo, sono i cristiani insieme col loro capo che ascese al cielo. Non lui un individuo singolo e noi una moltitudine, ma noi, moltitudine, divenuti uno in lui che è uno. Cristo dunque, capo e corpo, è un solo uomo. E qual è il corpo di Cristo? La sua Chiesa» (Agostino, sul Salmo 127, n. 3). 

Voi dunque siete molti e siete uno 

E più avanti rivolgendosi ai suoi fedeli di Tagaste (ma anche a noi) afferma: «Parlando a dei cristiani, sebbene siano molti, nell’unico Cristo io li considero una sola unità. Voi dunque siete molti e siete uno; noi siamo molti e siamo uno. In che modo, pur essendo molti, siamo uno? Perché ci teniamo strettamente uniti a colui del quale siamo membra, e se il nostro Capo è in cielo lassù lo seguiranno anche le membra» (Agostino, sul Salmo 127, n. 4). Il santo Dottore della Chiesa nella sua spiegazione sui salmi unisce due elementi: la preghiera (cioè la liturgia cristiana) e all’Eucarestia dove anche cibandoci dell’unico pane diventiamo un unico corpo. “Sebbene noi cristiani siamo molti, nell’unico Cristo siamo uno”. Papa Leone XIV ci indica un programma di unità e di comunione indicando anche a noi come nella preghiera liturgica, di cui i salmi sono l’espressione più antica (che lo stesso Gesù con la sua voce ha pregato), assieme all’Eucarestia cresciamo in Cristo. In Lui diventiamo sempre più cristiani, sempre più uniti a Lui (“Perché tutti siano una sola cosa”, cfr. Gv 17,21-23). In una intervista del luglio 2023, l’allora cardinale Prevost spiegava: «Come si evince dal mio motto episcopale, l’unità e la comunione fanno parte proprio del carisma dell’Ordine di Sant’Agostino e anche del mio modo di agire e pensare. Penso che sia molto importante promuovere la comunione nella Chiesa e sappiamo bene che comunione, partecipazione e missione sono le tre parole chiave del Sinodo. Quindi, come agostiniano, per me promuovere l’unità e la comunione è fondamentale. Sant’Agostino parla molto dell’unità nella Chiesa e della necessità di viverla ».

Semel abbas semper abbas 

Vorrei riprendere ancora una sentenza in latino. In ambito monastico è molto usata l’espressione: “Semel abbas semper abbas”.
Viene tradotta con “una volta abate, si è abate per sempre”, intendendo però non l’autorità ma la paternità spirituale. Il vero significato è che quando “diventati padri lo si è per sempre”: ai figli si dà la vita e per i figli si dà la vita. Dobbiamo osservare che l’espressione usa un termine non latino “abbas”: viene dall’aramaico (è il termine che usava Gesù) e significa “padre”. Nella vita religiosa è normale intendere il superiore come “padre”. Quando chiamiamo il Vescovo di Roma con l’appellativo di “Papa”, intendiamo la stessa cosa. Il termine “papa” deriva dal greco “πάππας” (pàppas), forma affettuosa e familiare di “padre” (noi usiamo “papà”). Era usato nei primi secoli del cristianesimo, per indicare il vescovo come guida spirituale e paterna. Ancora così tra gli Ortodossi, in Occidente finì per essere usato esclusivamente per il vescovo di Roma. L’espressione “Santo Padre” e “Papa” sono equivalenti. Concludendo, possiamo dire che il nuovo Vescovo di Roma ha un programma di unità e comunione e cercherà di realizzarlo con la tenerezza e la misericordia di un padre, affidandosi a Maria, nostra Mamma celeste che è la Madre del Buon Consiglio. Infatti solo per opera dello Spirito possiamo diventare “corpo di Cristo” e solo invocando lo Spirito Santo con Maria possiamo avere l’Eucarestia che ci fa Chiesa. 

Don Gino 

giovedì, giugno 05, 2025

Beato Giaccardo


 

INCONTRO ON LINE SUL
BEATO TIMOTEO GIACCARDO

Carissimi fratelli e sorelle della Famiglia Paolina,

nel cammino dell’anno giubilare come “Pellegrini di speranza”, siamo invitati a una breve sosta per rinvigorire le nostre energie. Nei pellegrinaggi sono molto importanti le Stationes, luoghi di sosta per riflettere, pregare, riposare, per fare un’esperienza spirituale significativa.

Come Equipe di Postulazione di Famiglia Paolina, vi invitiamo a fermarvi alla «Statio “dei santi della Famiglia Paolina”» il prossimo 13 giugno, giorno anniversario della nascita e del Battesimo del Beato Timoteo Giaccardo (e quest’anno ricorre anche il 40° della proclamazione della sua venerabilità). In questa data ci sarà infatti la possibilità di collegarsi online per un approfondimento-dialogo sulla figura del nostro Beato, poiché non si finisce mai di conoscerlo nelle sue mille sfaccettature, di affezionarci a lui e amarlo sempre di più e di conseguenza di lasciarci illuminare e guidare dai suoi scritti, dalla sua vita, dalla sua preghiera e apostolato.

L’incontro si svolgerà su questi tre elementi: il significato del Beato per l’oggi, il suo messaggio di speranza in questo anno di Giubileo dedicato proprio a questo tema, e la devozione per lui oggi, così com’è vissuta nella parrocchia dove è nato, a Narzole.

L’incontro sarà guidato da don Vito Spagnolo e gli ospiti invitati sono don Guido Colombo ssp, sr M. Joseph Oberto pddm e don Angelo Carosso parroco di Narzole.

Vi aspettiamo giorno 13 giugno, alle ore 15.00, sui canali segnalati nella locandina.

Equipe di Postulazione della Famiglia Paolina


Ecco i link per collegarsi all'incontro del 13 giugno alle ore 15.00 (ora locale di Roma):

Youtube:

https://www.youtube.com/live/zAljbkUWAPY?si=PIyVwoakzB5mmiLw

https://www.youtube.com/live/rVuvgM3r0qA?si=sHXjwUnAo0p8HPgY

Facebook:

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venerdì, maggio 30, 2025

Visitazione

 

Maria nostra speranza
Opera Omnia - don Giacomo Alberione

LA VISITA A SANTA ELISABETTA

L'Angelo aveva detto a Maria nell'Annunciazione, che Elisabetta sua parente, pur essendo vecchia, era divenuta Madre. Maria, sicura di fare cosa grata alla cugina, partì frettolosamente, lieta di prestarle umili uffici di ancella.
«Maria si mise in viaggio per recarsi frettolosamente in una città di Giuda, sulle montagne, ed entrò in casa di Zaccaria e salutò Elisabetta. Ed avvenne che Elisabetta appena udì il saluto di Maria, il bambino le balzò nel seno, ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo; ed esclamò ad alta voce: Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno. E donde mi è dato che venga a me la madre del mio Signore? Ecco infatti, appena il suono del tuo saluto mi è giunto all'orecchio, il bambino m'è balzato pel giubilo nel seno. E te beata che hai creduto perché s'adempiranno le cose a te predette dal Signore» (Luca I, 39-45).
S. Elisabetta abitava in un paesello sperduto sui monti, distante circa 60 Km. da Nazaret; le strade erano assai disagevoli e pericoloso il cammino; tuttavia la B. Vergine si mise in viaggio, ripetendo col profeta Abacuc: «Il Signore Iddio è la mia forza, egli farà i miei piedi simili a quelli dei cervi, e mi guiderà per luoghi elevati, vincitore, mentre canto dei salmi» (III, I9).
Maria se ne andò frettolosa per non restare troppo tempo fuori di casa. «Imparate, o vergini, commenta S. Ambrogio, a non fermarvi per le strade e per le piazze. Maria, grave in casa, va frettolosa in pubblico. L'anima piena di Spirito Santo, non conosce indugi, non dorme, ma corre e vola per le strade dei divini precetti e della perfezione. Maria entrata in casa di Zaccaria, salutò Elisabetta: Et intravit in domum Zachariae, et salutavit Elisabeth» (Luc. I, 40).
Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, si sentì il figlio tripudiare nel seno e fu ripiena di Spirito Santo. «E donde mi è dato, esclamò, che venga a me la Madre del mio Signore?!... Te beata, che hai creduto, perché s'adempiranno le cose a te predette dal Signore» (Luca I, 43-45). Quasi volesse dire: Tu, o Maria, sei la donna prescelta da tutta l'eternità per schiacciare la testa al serpente, per dare alla luce il Verbo Divino, per chiudere l'inferno, per aprire il cielo. Le parole di Elisabetta si identificano in certi punti con quelle dell'Angelo, segno dunque che ella parlava per divina ispirazione.
Maria non si compiacque, ma commossa alle parole di Elisabetta e presa da uno slancio di ispirazione profetica, proruppe nelle immortali espressioni del «Magnificat»:
«L'anima mia glorifica il Signore; ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore, perché egli ha rivolto lo sguardo alla bassezza della sua serva: ecco da questo punto tutte le generazioni mi chiameranno beata; perché grandi cose mi ha fatto Colui che è potente. Il suo nome è santo; la sua misericordia si effonde di generazione in generazione sopra coloro che lo temono. Ha operato prodigi col suo braccio; ha disperso i superbi nei disegni del loro cuore. Ha rovesciato dal trono i potenti ed esaltato gli umili. Ha riempito di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia; come parlò ai Padri nostri, ad Abramo ed alla sua discendenza per tutti secoli». «E Maria si trattenne con Elisabetta circa tre mesi, e se ne ritornò a casa sua» (Luca I, 46-56).
L'incontro di Maria con Elisabetta è l'incontro di due anime grandissime, il saluto di due Sante. Quale profumo di santità, di umiltà, di fervore non si sprigiona da questa scena della Visitazione! Elisabetta esalta Maria, Maria ringrazia ed esalta il Signore.
Consideriamo:

I. LA CARITÀ DI MARIA. - Maria fu eroica in ogni virtù, ma specialmente nella carità che raggiunse in lei il massimo grado. Il cuore di Maria SS.ma fu un oceano di carità e di amore: ella superò l'amore di tutti gli angeli e di tutti i santi verso Dio, onde si può benissimo affermare che anche i Serafini potevano discendere dal cielo per imparare dal cuore di Maria il modo di amare Dio. Le belle lodi che S. Paolo fa della carità si possono tutte applicare a Maria.
Ella esercitò la carità specialmente col darci Gesù. Maria fu la prima a portare Gesù al mondo. Ed entrando in casa di Elisabetta, vi portò Gesù e con Lui ogni grazia, «et factum est, ut audivit salutationem Mariae Elisabeth, exultavit infans in utero ejus, et repleta est Spiritu Sancto Elisabeth» (Luca I, 41).
Maria portò la benedizione; cerchiamo anche noi, a suo esempio, di fare del bene a quanti più possiamo.

II. RIVERENZA CON CUI ELISABETTA ACCOGLIE MARIA. - Il primo a salutare Maria era stato l'angelo, il quale le aveva detto: «Ave, piena di grazia, il Signore è teco, benedetta tu fra le donne!« (Luca I, 28); la seconda fu Elisabetta che aggiunse alla salutazione angelica queste altre parole: «E benedetto il frutto del tuo seno» (Luca, I, 42). Felice te, Elisabetta, che hai innanzi la Madre del Salvatore, la Regina del Cielo!
Impariamo da S. Elisabetta ad amare e ad essere divoti di Maria. La divozione verso la Madre di Dio è segno sicuro di predestinazione perché Ella è la guida, la regina, la madre, la custode degli eletti. Non v'è fedele divoto di Maria che non riceva da lei mille grazie, aiuti, conforti, per assicurare la propria salute. Felice, infinitamente beato colui che ama Maria e la venera con fervoroso culto.

III. RISPOSTA DI MARIA A S. ELISABETTA. - Elisabetta glorifica Maria chiamandola benedetta fra le donne, perché benedetto è il frutto del suo seno e si professa indegna dell'alto onore di accogliere in casa sua la Madre del suo Signore. Ma che fa Maria, udendo tanto elogio? Tutto attribuisce a Dio cantando: «Magnificat anima mea Dominum». Ella dà a Dio e riversa in Lui come nell'unica sorgente di ogni bene le lodi che le sono tributate. Voi, o Elisabetta, pare che dica, esaltate la Madre del Signore, ma «l'anima mia esalta e glorifica Iddio». Onde S. Bernardo chiama il «Magnificat» l'esaltazione dell'umiltà di Maria. E' questo il cantico del ringraziamento e dell'umiltà riconoscente. Maria esaltata da S. Elisabetta per la fede e le grandezze sue, proclamata Madre del Salvatore, si umilia ancor di più e proclama la sua pochezza, la sua debolezza, attestando che tutto ciò che ha Lei vien da Dio.
Impariamo a dare lode a Dio: «Soli Deo honor et gloria» (I Tim. I, I7). La nostra preghiera sia sempre indirizzata in primo luogo a lodare e ringraziare il Signore. La preghiera interessata è meno accetta a Dio e ottiene meno frutto.

PENSIERO DI S. PIER DAMIANI. - Felice Elisabetta! Dinanzi a Lei sta la Madre del Redentore; la Regina del cielo la saluta con dolcezza. Ma ancora ben più felice è il predestinato Bambino che ella porta in seno e che è l'oggetto primo di questa visita regale. Perché egli, al lume dello Spirito Santo, riconosce la maestà della regina degli Angeli che saluta la madre sua e gli è dato comprendere la potenza di un tale saluto.

ESEMPIO: PIO X 

Tutta la vita di quest'augusto Pontefice fu un inno continuo di fede e d'amore verso Gesù Eucaristico e verso la B. Vergine Maria. Nacque a Riese il 2 giugno 1835 e fu battezzato il giorno seguente col nome di Giuseppe, il più gran divoto della SS.ma Vergine.
Da fanciullo si recava al Santuario di Maria delle Cendrole conducendovi alla domenica anche dei compagni e quivi si tratteneva a pregare con speciale divozione. E la Madonna lo chiamò al Sacerdozio. Ma i suoi erano poveri e non potevano pagare le spese: provvidenzialmente intervenne l'aiuto del Patriarca di Venezia che dispose di una Borsa di studio a favore del giovanetto. Consacrato Sacerdote fu nominato Cappellano di Tombolo nella  Diocesi di Treviso, dove incominciò ad esplicare il suo grande zelo per le anime.
Nel 1875 fu eletto Canonico della Cattedrale di Treviso e nel 1884 Leone XIII lo consacrava Vescovo di Mantova. Era la III domenica di avvento, giorno sacro al patrocinio di Maria Immacolata, patrona di Mantova. Intanto la fama della sapienza e pietà del Vescovo di Mantova cresceva sempre più e Leone XIII lo promoveva prima Cardinale, poi Patriarca di Venezia.
Nel 1903, il glorioso Patriarca di Venezia, Card. Sarto veniva eletto Papa ed assumeva il nome di Pio X. Più saliva quest'astro luminoso e benefico e più grandiose diventavano le sue manifestazioni di amore verso Gesù Eucaristico e verso Maria SS.ma. Nel cinquantenario della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione di Maria Pio X scrisse una Enciclica sulla Madonna: «Ad diem illum», capolavoro di tutta la sua divozione verso di lei. In essa descrive la bellezza, la verginità e l'influenza di Maria SS.ma sull'umanità, ed invita tutti i cristiani ad essere divoti di questa buona Madre, concedendo l'indulgenza plenaria in forma di Giubileo, per le funzioni di quella ricorrenza.
Un grazioso episodio rivela la divozione mariana di Pio X.
Un giorno, durante l'udienza ad alcuni nobili di Roma, sentì la campana dell'Angelus. Tosto disse: «Signori, è l'ora dell'Angelus, lo volete recitare con me?». Un testimonio oculare così lo descrive: «Io l'osservai mentre pregava. Contemplai l'espressione del suo volto, la radiosità del suo occhio fisso in un'immagine della Vergine; ammirai la dolcezza di quelle 'Ave Maria', pronunciate con un accento singolare. E rimasi così vivamente colpito che dovetti pensare: 'Forse egli la vede'. E allora ho sentito quanto si deve amare la Madre di Dio».
Morì il 20 agosto 1914, festa di S. Bernardo.
Fu l'ultimo favore che Maria gli concesse: morire nel giorno di un suo grandissimo divoto.

Autore: Don Giacomo Alberione

Opera Omnia


POESIA: IL NOME DI MARIA 

Tacita un giorno a non so qual pendice,
salia d'un fabbro Nazaren la sposa;
salia non vista alla magion felice
d'una pregnante annosa;

e detto salve a Lei che in riverenti
accoglienze onorò l'inaspettata,
Dio lodando, sclamò: «Tutte le genti
Mi chiameran beata».

Deh! con che scherno udito avria i lontani
presagi allor l'età superba! Oh tardo
nostro consiglio! Oh degli intenti umani
antiveder bugiardo!

Noi testimoni che alla tua parola
ubbidiente l'avvenir rispose,
noi, serbati all'amor, nati alla scola
delle celesti cose,

noi sappiamo, o Maria, ch'Ei solo attenne
l'alta promessa che da Te s'udia,
Ei che in cor la ti pose: a noi solenne
è il nome tuo Maria!..

ALESSANDRO MANZONI


domenica, maggio 25, 2025

Anello di Papa Leone

 

Anello di PAPA LEONE XIV


Ha abbassato lo sguardo.

E il mondo si è fermato.
L’Anello del Pescatore era lì, nel palmo della sua mano.
Pesava poco… eppure portava dentro il peso dell’eternità.
Quando le sue dita lo hanno sfiorato,
non ha sentito oro.
Ha sentito carne.
Ha sentito lacrime.
Ha sentito croci portate per secoli da uomini innamorati di Dio e feriti dagli uomini.
In quel momento, Papa Leone XIV non era un uomo al centro della scena. 

Era un figlio che diceva sì.
Era un servo che tremava di fronte all’amore.
Era un cuore nudo davanti a Dio.
Gli occhi gli si sono velati,
come accade solo quando si tocca qualcosa di troppo grande,
troppo santo, troppo vero per restare asciutti.
Non parlava.
Ma dentro, una voce sussurrava:
“Pietro, mi ami tu?”
E lui, con quel silenzio bagnato di commozione,
ha risposto con tutta la vita:
“Tu lo sai, Signore. Tu lo sai.”


(18 maggio-articolo preso da internet)

Foto: Vatican News

giovedì, maggio 15, 2025

Papa Leone e la Comunicazione

 


Papa Leone XIV: un appello alla Comunicazione di Pace

Roberto Ponti, ssp

Il 12 maggio 2025, alle 11:00, nell'Aula Paolo VI in Vaticano, Papa Leone XIV ha incontrato i rappresentanti dei media provenienti da tutto il mondo, gi unti a Roma in occasione del Conclave. Come da tradizione inaugurata dagli ultimi Pontefici, la prima udienza del nuovo pontificato è stata dedicata proprio agli operatori della comunicazione che hanno garantito la copertura mediatica degli eventi legati al Conclave. Un momento di grande intensità, caratterizzato dalla semplicità e profondità del discorso del nuovo Papa, che ha saputo toccare il cuore dei presenti.

Dopo una breve saluto e una simpatica battuta nella sua lingua madre, l'inglese, il Papa ha proseguito il suo intervento in italiano, concludendo poi con la benedizione in latino. Fin dalle prime parole, Papa Leone XIV ha mostrato uno stile comunicativo diretto, accogliente e profondamente umano. Il suo discorso ha ottenuto ripetuti applausi, segno di una sincera approvazione da parte dell’assemblea.

Il Papa ha esordito citando il Vangelo di Matteo: «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9), sottolineando come questa Beatitudine interpelli in modo particolare i comunicatori, chiamati a promuovere una comunicazione che non cerchi il consenso a tutti i costi né adotti un linguaggio aggressivo. Ha insistito sulla necessità di rifiutare la "guerra delle parole e delle immagini", invitando a un giornalismo che unisca, invece di dividere.

Particolarmente toccante è stato il passaggio in cui Papa Leone XIV ha espresso solidarietà verso i giornalisti incarcerati per aver cercato di raccontare la verità. Con forza, ha affermato: «La sofferenza di questi giornalisti imprigionati interpella la coscienza delle Nazioni e della comunità internazionale», chiedendo la loro liberazione. Questo appello alla libertà di espressione ha risuonato con particolare forza, ricordando a tutti il valore della dignità umana e del diritto all’informazione.

Il Papa ha poi invitato i media a uscire dalla “torre di Babele” della comunicazione contemporanea, segnata spesso da linguaggi aggressivi e frammentati. Ha chiesto di promuovere una "comunicazione disarmata", capace di favorire il dialogo, di ascoltare i deboli e di disarmare la Terra con parole di pace.

Papa Leone XIV con il Superiore Provinciale dei Paolini

L'intervento di Papa Leone XIV, Robert Francis Prevost, richiama alla memoria una sua precedente riflessione pronunciata l'11 ottobre 2012, quando intervenne come Priore Generale degli Agostiniani al Sinodo sull’evangelizzazione. In quell’occasione, Padre Prevost aveva posto l’attenzione sul rischio che i media occidentali promuovano una solidarietà pubblica verso credenze e pratiche contrarie al Vangelo.

Quando la Chiesa esprime posizioni contrarie, spesso viene accusata di ideologismo o di insensibilità verso i bisogni contemporanei. Secondo Prevost, questa dinamica crea un paradosso: la difesa della verità cristiana appare come ideologica e crudele, mentre la narrazione mediatica, che supporta stili di vita contrari all’etica evangelica, è presentata come umana e compassionevole.

Padre Prevost, oggi Papa Leone XIV, aveva sottolineato come i media, con abilità e ingegnosità, abbiano radicato nell'opinione pubblica la convinzione che il messaggio cristiano sia emotivamente crudele, in contrasto con l’umanesimo attribuito alle visioni antievangeliche.

L'incontro con Papa Leone XIV si colloca in un momento significativo per noi Paolini e Paoline, che in Italia ci prepariamo ad animare la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, attraverso la Settimana della Comunicazione e il Festival della Comunicazione (www.settimanadellacomunicazione.it). Il messaggio del Papa ci sprona a ripensare il nostro ruolo di comunicatori del Vangelo in un contesto sociale in cui la comunicazione rischia spesso di diventare conflittuale o autoreferenziale.

Proprio come i Padri della Chiesa, - citati da Robert Prevost sempre nel suo intervento al Sinodo del 2012- che seppero rispondere ai dibattiti culturali del loro tempo con un’eloquenza incisiva e profetica, oggi siamo chiamati a sviluppare una comunicazione evangelica che non ceda alle logiche del consenso mediatico, ma che proponga con coraggio e chiarezza la verità del Vangelo. Papa Leone XIV ci ricorda oggi che la comunicazione cristiana deve saper parlare al cuore delle persone, senza cedere alla spettacolarizzazione o all’approccio competitivo.

L’impressione generale che Papa Leone XIV ha lasciato è quella di un uomo che unisce serietà ed eleganza a una disponibilità sincera e calorosa. La sua figura ispira fiducia e la sua esperienza internazionale, unita alla conoscenza di diverse lingue e alla capacità di governo, lo rendono particolarmente adatto a guidare la Chiesa in un mondo complesso e in continuo cambiamento.

L'incontro del 12 maggio 2025 ha rappresentato non solo un momento di vicinanza tra il Papa e i comunicatori, ma anche un forte invito a riflettere sulla nostra responsabilità come operatori dell’informazione e della comunicazione, chiamati a promuovere la verità e la pace.

Per noi Paolini, questo incontro è un nuovo incoraggiamento a vivere il nostro carisma con fedeltà e creatività, ricordando che la comunicazione è missione: portare al mondo la Parola che salva, con uno stile di fraternità e di speranza. Come affermava il Beato Giacomo Alberione: "La parola è il grande mezzo di comunicazione tra Dio e l’uomo, e tra gli uomini". Oggi, più che mai, questo richiamo ci sprona a un uso consapevole e responsabile dei media, orientato a costruire ponti e non a scavare fossati.

da: paulus.net

mercoledì, aprile 16, 2025

Buona Pasqua

 

Carissima,

BUONA PASQUA

La Pasqua è un avvenimento dalla forza travolgente. Pasqua è annuncio di profonda e duratura speranza, presagio di una vita luminosa che irradia grazia. Gesù è il Risorto, è il Vivente; e noi lo possiamo incontrare Vivo come lo incontrarono le donne che, al mattino del terzo giorno, si recarono al sepolcro.

Lasciamoci invadere dall’incanto della persona di Gesù risorto, dalla forza della Risurrezione, anche se mai trionfalistica e sempre umile e, con l’apostolo Tommaso, tocchiamo il suo costato trafitto professando: «Mio Signore e mio Dio» (Gv 20,28).

Questo augurio pasquale te lo rivolgo con semplicità di cuore e vivissima fede: e spero che non lo riteni troppo ottimista-formale, ma sappi accoglierlo con fede semplice, perché Cristo Crocifisso e Risorto è l’unica vera speranza che ci rimane, vissuta da una miriade di Santi (Eb 11.12) nella storia della Chiesa, cominciando dai nostri santi Paolini-Paoline...

Nella luce pasquale, «ogni nuovo dramma che accade nella storia del mondo diventa scenario di una possibile buona notizia: l’amore riesce sempre a suscitare cuori capaci di commuoversi, volti capaci di non abbattersi, mani pronte a costruire» (Papa Francesco). Facciamoci annunciatori di buone notizie per diventare fari nel buio di questo mondo, che illuminano la rotta e aprono sentieri nuovi di fiducia e speranza, nonostante le crisi…

Buone notizie da irradiare in tutti gli ambienti, anche ecclesiali e nelle nostre fraternità, esortandoci a cogliere la positività delle diverse situazioni, a credere che ogni evento, anche il più sofferto e misterioso, è storia di salvezza. 

Buone notizie da lanciare attraverso la testimonianza di una vita fasciata di serenità, affabilità, benevolenza per tutte le persone che soffrono: soprattutto per tutti i preti e i consacrati in crisi, spenti interiormente, demotivati, scoraggiati. Ma anche per quelli impegnati e fedeli perché possano continuare a custodire il dono ricevuto della missione…

Gli occhiali della buona notizia, che riceviamo a Pasqua, ci permettono uno sguardo di fede che ci fa vedere oltre, perché la risurrezione del Signore ha già penetrato la trama nascosta e tormentata della storia (cfr. EG 278). Vedere oltre:

o per accogliere quella misteriosa fecondità che deriva dalla «libertà di rinunciare a calcolare e a controllare tutto, e permettere che lo Spirito ci illumini, ci guidi, ci orienti, ci spinga dove Lui desidera...» (EG 280);

o per scorgere anche nei deserti di oggi, il “ramo di mandorlo” (Ger 1,11), l’albero-sentinella che annuncia la bella stagione, anche se secondo la sapienza della Croce;

o per scoprire «il filo rosso dell’amore fedele, personale, misericordioso di Dio che avvolge e benedice tutta la nostra esistenza» (Papa Francesco).

Preghiamo, in questo tempo, in modo particolare per la pace del mondo e perché le varie prepotenze dei Capi politici, il capovolgimento dei valori evangelici che sta avvenendo nella Società e l’indurimento dei cuori non abbia a perdurare e a prevalere. Che la forza della Risurrezione di Cristo e il suo Spirito, sempre in azione, riattivi nei cuori di tutti, almeno dei consacrati, dei sacerdoti, dei cristiani l’anima evangelica: cioè la serenità profonda e duratura, la speranza cristiana, l’impegno per l’onesta, la lealtà, l’agape, la capacità di accoglienza affabile di ogni fratello...

Don Emilio Cicconi