domenica, novembre 02, 2025

Memoria e fedeltà

 

Memoria e fedeltà


Carissime Annunziatine,

il mese di novembre inizia con la Solennità di tutti i Santi e termina con l’inizio dell’Avvento, ma non prima che abbiamo potuto celebrare il ricordo liturgico del nostro amato Fondatore.

Ovviamente dopo i Santi viene la Commemorazione di tutti i Fedeli Defunti che quest’anno cade di domenica. È interessante notare che la “commemorazione” è il grado minimo delle celebrazioni liturgiche (meno di una memoria facoltativa), ma questo ricordo dei Fedeli Defunti è l’unico giorno che viene celebrato anche se capita di domenica.

Siamo dunque invitati a fare memoria: del nostro Fondatore e del suo insegnamento; di tutti i Fedeli Defunti che non possiamo dimenticare; di tutti i Santi, quelli conosciuti e quelli che solo in Cielo conosceremo. Nella prospettiva della storia della Salvezza, che significa che anche noi un giorno parteciperemo a questa celebrazione liturgica, ma dall’altra parte.

Fare memoria

Fare memoria significa ricordare, cioè non dimenticare qualcuno. Nell’antica cultura latina il termine “memoria” non era un concetto solo mnemonico, ma concreto, tangibile. Gli stessi monumenti funebri erano chiamati “memoria”. Ma anche il culto degli antenati era una memoria.

Nella cultura ebraico-cristiana – più legata al termine greco di “anamnesi” – il significato è simile, ma con un accento nel ricordare le meraviglie che Dio ha realizzato nel passato e che sono il fondamento della nostra vita anche oggi.

Per prima cosa occorre “ricordare” le cose importanti del passato. Senza la memoria del suo passato un popolo non esiste, noi stessi contiamo poco perdendoci nella storia dei dimenticati.

Il Cristianesimo ha una particolare sensibilità nel ricordare. Siamo legati, profondamenti uniti a quelli che ci hanno preceduti non per un legame di sangue – questo è la legittima memoria degli antenati – ma perché fondati su Cristo. La sua Natività e la sua Resurrezione sono eventi storici, realmente accaduti, anche se trascendono la storia perché soprannaturali e divini.

Lungo l’Anno Liturgico ricordiamo gli eventi della nostra salvezza e quelli di coloro che ci hanno preceduti in questa storia di salvezza e che è anche la nostra.

Ma la memoria dei cristiani rimane una storia sorprendente e sempre misteriosa. La storia umana ricorda i vincitori, non gli sconfitti che sono dimenticati. Anche se i discepoli del Divin Maestro, fedeli ai suoi insegnamenti, sono spesso stati sconfitti umanamene: maltrattati, disprezzati, straziati ed uccisi... eppure li ricordiamo come vittoriosi con Cristo, veramente vivi nel Regno dei Cieli.

La prospettiva dell’Avvento (e della parusia) non è secondaria per la fede cristiana. Quando questa si illanguidisce la Chiesa perde splendore spirituale ed incisività nel mondo. I fedeli di Gesù non vincono con la forza, ma con l’esempio, non con la violenza di questo mondo, ma con la dolcezza della carità che apre l’ingresso al Regno dei Cieli.

Santi in ogni tempo ed in ogni stato di vita

Vinciamo il mondo con la forza dello Spirito. Tuttavia duemila anni di storia ci insegnano che la Chiesa ha camminato anche con le realtà umane. Chi insegna un cristianesimo ideale e disincarnato è fuori della autentica storia della salvezza.

Guardando i santi possiamo osservare come essi coprano ogni stato di vita ed ogni momento della storia. Non c’è tempo o luogo o situazione in cui non sia possibile essere fedeli testimoni di Cristo. Certo, con l’aiuto della grazia, ma non esiste luogo o spazio in cui la potenza del sangue del Risorto non possa agire.

Ci sono santi soldati e santi assolutamente disarmati (a volte hanno vissuto entrambe le realtà come san Martino di Tour, san Camillo de Lellis, sant’Ignazio... ). Nel santorale troviamo santi eremiti praticamente sconosciuti, ma anche personaggi notissimi anche nella storia civile (si pensi a san Leone Magno, a sant’Ambrogio, a sant’Agostino, fino agli ultimi santi Papi). Troviamo umili ciabattini e sovrani esemplari...

Come ricorda san Francesco di Sales praticare le virtù cristiane fa vivere ricolmi dello Spirito... e ci rende anche più cordiali e simpatici.

Fare memoria dei santi e dei fedeli defunti non ci fa dimenticare che la Chiesa tutta – finché ci saranno uomini in questo mondo – è fatta di santi e di peccatori. Ma, come ricorda sant’Agostino, il confine tra le due città (quella del mondo e quella di Dio) passa troppo spesso nel mezzo del nostro cuore che è ancora diviso, mescolato di grazia e di imperfezioni.

Non solo la Chiesa intercede e suffraga per i fedeli defunti ma ribandendo il legame indissolubile della carità che lega i fedeli nel tempo e nell’eternità, chiede anche a coloro che sono nell’aldilà di intercedere per noi. Fino a quando anche noi avremo un cuore pienamente unito nell’amore di Cristo e totalmente indiviso dalla volontà di Dio.

Memoria che diventa fedeltà

Avere un cuore solo ed una sola anima era l’ideale della prima comunità cristiana e deve esserlo anche della Chiesa di oggi.

Oggi dobbiamo vivere la fedeltà all’insegnamento di Gesù. Come lo hanno realizzato i santi del calendario appartiene al passato, noi siamo chiamati ad essere fedeli ed uniti al Maestro Divino oggi e nelle situazioni quotidiane e sociali dove ci troviamo a vivere.

La fine del mese di novembre ci conduce a fare memoria liturgica di don Alberione insieme all’intera Chiesa. Ma ci deve essere anche un monito ad essere fedeli al suo insegnamento per realizzare oggi la volontà di Dio nella missione apostolica e nella santità personale.

Ne dobbiamo fare memoria ricordandoci della sua figura, delle sue opere e del suo insegnamento. Ma come “figli” – anche se non lo abbiamo conosciuto di persona – dobbiamo realizzare la memoria praticando con fedeltà i suoi insegnamenti, che sono utili anche per gli uomini di oggi.

A noi spetta adattarli e testimoniarli con creatività lì dove viviamo. La fedeltà è sempre creativa, altrimenti non lo è affatto. Fare memoria significa rendere questo attuale oggi.

Don Alberione chiede ai suoi figli di essere “Paolo vivo oggi”. Questa è la “memoria” – nella liturgia e nella nostra vita – che dobbiamo celebrare e vivere.

don Gino


lunedì, ottobre 13, 2025

Famiglia Paolina e Istituti aggregati

 


Statuto - Natura e fine 2.2

La Società San Paolo è la congregazione "altrice" 
della Famiglia Paolina,
cf AD 35
***
Altrice

Altrice in Don Alberione

            1. Il significato di altrice va ricercato a partire dall’intuizione carismatica che Don Alberione ha avuto durante l’adorazione nella notte che divideva i due secoli (cf AD 15-19).

            Nella particolare luce che gli venne dall’Eucaristia, Don Alberione si sentì profondamente obbligato a fare qualcosa per il Signore e gli uomini del nuovo secolo (AD 15) e concepì un progetto storico-carismatico unitario, prima in forma generica (1900-1909) (cf AD 23), poi in maniera più precisa (cf AD 24).

           2. A questo scopo diede vita alla sua opera con le fondazioni: Società San Paolo, Figlie di San Paolo, Unione Cooperatori, Pie Discepole del Divin Maestro, Suore di Gesù Buon Pastore, Istituto Regina degli Apostoli, Istituti aggregati. Le varie Istituzioni costituiscono la Famiglia Paolina (cf AD 25, 33-35; UPS III, 184).

3. Una costante preoccupazione del Fondatore è stata quella di risolvere un problema che considerava fondamentale: «come conservare l’unità di spirito e insieme la indipendenza amministrativa e direttiva nella Famiglia Paolina» (AD 131).

            La risposta a tale problema è espressa nei testi seguenti: «Vi è stata stretta parentela tra esse, perché tutte nate dal Tabernacolo. Un unico spirito: vivere Gesù Cristo, e servire la Chiesa. Chi rappresenta tutti intercedendo presso il tabernacolo; chi diffonde come dall’alto la dottrina di Gesù Cristo; chi si a»costa alle singole anime.

            Vi è tra esse una stretta collaborazione spirituale, intellettuale, morale, economica.

            Vi è separazione per governo ed amministrazione; ma la Pia Società San Paolo è altrice delle altre (...).

            Vi è separazione: eppure esite un vincolo intimo di carità, più nobile del vincolo del sangue.

            Vi è indipendenza tra loro, ma vi è uno scambio di preghiere, di aiuti, in molti modi: l’attività è separata, ma vi sarà una cooperazione alle gioie e alle pene, ed al premio eterno»


«Tutti gli istituti considerati assieme formano la Famiglia Paolina.»   
       

Tutti gli Istituti hanno comune origine.
Tutti gli Istituti hanno comune spirito.
Tutti gli Istituti hanno fini convergenti.

Gli Istituti femminili godono di una “paterna assistenza” per parte del Superiore generale della Pia Società San Paolo» (UPS III, 185).

            4. La funzione altrice della Società San Paolo nel pensiero di Don Alberione è dunque «quella di mantenere l’intera Famiglia Paolina nello spirito genuino e proprio dell’istituzione» (Lettera di Don Giacomo Alberione alla SCRIS, 1-3-1956).

II Altrice nella Famiglia Paolina oggi

            5. Si ritiene il termine altrice intraducibile nel suo senso pieno e pertanto lo si conserva invariato.

a) Nella prospettiva di Chiesa-comunione

            6. La Famiglia Paolina avendo acquistato una maggiore consapevolezza di sé ha sentito l’esigenza di tornare a riflettere anche sul suo essere Famiglia nell’orizzonte della Chiesa-comunione. Non si può infatti parlare di altrice senza riferirsi all’unità della Famiglia Paolina inserita nell’unità della Chiesa, Popolo di Dio in cammino.

            7. La Famiglia Paolina, come la Chiesa, è innanzitutto dono che viene dall’alto. La sua unità scaturisce dalla comunione trinitaria; si vivifica e cresce costantemente nell’accoglienza contemplativa.

            8. L’unità della Famiglia Paolina, radicata nella comunione ecclesiale, ha uno specifico che chiamiamo “spirito paolino”: vivere Gesù Cristo Via, Verità e Vita, Maestro e Pastore e annunciarlo a tutti gli uomini con tutti i mezzi, in ogni tempo secondo il carisma proprio di ciascuna Congregazione (cf AD 132; Doc. III Incontro Gov. gen. FP, 1985). Da esso deriva una spiritualità biblica, liturgica, ecclesiale, con forte carica missionaria.

            9. La Famiglia Paolina, composta di donne e uomini in comunione di servizio del Regno, rende vivo e operante il carisma del Fondatore, in una dinamica di storia di salvezza, attraverso una pluralità di carismi.

            In forza del Battesimo, che ci rende partecipi del sacerdozio comune, e per la peculiare vocazione, ogni carisma diviene ministero a servizio della Chiesa, del mondo e della Famiglia Paolina stessa in uno scambio reciproco dei propri doni.

            La Società San Paolo poi, per il sacramento dell’Ordine, esercita verso la Famiglia Paolina il servizio dell’unità a livello profetico, regale e sacerdotale.

b) Nella sua funzione

10. La presenza  della Società San Paolo come altrice è parte integrante del progetto storico-carismatico del Fondatore, non perché i singoli Istituti siano carenti di qualcosa per esistere ed esercitare la propria missione, ma in quanto il progetto è concepito come Famiglia, cioè come unità organica di diversi carismi.

            11. La Società San Paolo esercita la funzione altrice attraverso un servizio di unità, di discernimento, di coordinazione dei carismi, e di animazione ministeriale.

            Nel servizio di animazione propone i valori evangelici a partire dalla Parola di Dio e dalla Liturgia e i valori carismatici della Famiglia Paolina.

            12. La funzione altrice della Società San Paolo si concretizza primariamente nel servizio svolto dal Superiore generale della SSP nei confronti di tutta la Famiglia Paolina (cf Cost. SSP 1984, 201, 201.1).

            Questo servizio consiste nel promuovere principalmente l’unità della Famiglia Paolina nella diversità dei singoli Istituti, rispettando e valorizzando il carisma di ognuno e la reciprocità uomo-donna.

            In particolare, a lui compete:

            - mantenere i rapporti scambievoli con i Governi generali delle altre Congregazioni della Famiglia Paolina;

            - convocare i Governi generali per l’Incontro annuale;

            - riunire le Superiore generali delle Congregazioni femminili per discernere e proporre insieme iniziative di animazione spirituale e apostolica a livello e a beneficio di tutta la Famiglia Paolina.


lunedì, settembre 01, 2025

Alberione in preghiera

 



La Preghiera nel pensiero del Beato

Don Giacomo Alberione fondatore

 Da un testo del 20 Agosto 1937

Necessità della preghiera

La preghiera per l'uomo, il cristiano, il religioso, il sacerdote è il primo e massimo dovere. Nessun contributo maggiore possiamo dare alla Congregazione della preghiera; nessuna opera più utile per noi della preghiera; nessun lavoro più proficuo per la Chiesa in un sacerdote della preghiera. L'orazione perciò prima di tutto, soprattutto, vita di tutto.

Può venire la tentazione: ho molto, troppo lavoro: ma il primo lavoro per te, il massimo mandato per un Sacerdote, il principale apporto alla Congregazione è la preghiera. Con illusione qualcuno forse cercherà di scusare la mancanza di orazione dicendo che è molto occupato. Ma è proprio questa la vera ragione? Oppure si trova soverchio il lavoro perché non precede la preghiera, per la quale facilmente si sbrigherebbero le altre occupazioni? Occupazioni? Ma la Chiesa, la Congregazione, l'anima nostra ci chiedono la preghiera, poi il rimanente in quanto possibile. Occupazioni? Ma non urgono in genere le altre, se non dopo questa. Occupazioni? Prima Dio, poi gli uomini. Occupazioni? Ma la vita delle altre opere è la grazia, perciò senza la preghiera faremmo opere morte. "Maledictum studium, apostolatum... propter quod relinquitur oratio". Dà sempre grande contributo ed è in vera attività, chi alla Congregazione e alla Chiesa dà la preghiera. Il lavoro senza l'adorazione, si riduce al "cimbalum tinniens" (1 Cor 13,1), cioè cose che forse impressionano all'esterno, ma non hanno vita né merito. Il nostro ministero è di sua natura soprannaturale come base e come sostanza e costituzione. Non ha diritto di comandare chi prima non ossequia Dio: non può consigliare o predicare chi prima non riceve la luce da Dio. Non educa, in quanto sta a lui, alla vita soprannaturale, chi non la vive interamente. "Io temo che tu mi faccia morire il malato, se prima dell'operazione chirurgica, non senti la Santa Messa", diceva il santo Cottolengo al dottor Granetti, medico della "Piccola casa".

Per ogni opera assicuriamo un bel contributo di preghiera; la preghiera è onnipotente: "Qualunque cosa domanderete ve la darà" (Mt 18,19; Gv 14,13: 1Gv 3,22; 5,14). Il primo Cooperatore, il primo Benefattore, il primo Amico e Protettore da assicurarsi è sempre Dio, principio di ogni bene: "Nisi Dominum edificaverit... custodierit... qui incrementum dat Deus" (Salmo 127(126),1). La Sacra Scrittura indica il Buon Sacerdote con il segno: "Eccet qui multum orat...". Il Divino Maestro "Factus est nostra oratio...". E' indicato San Paolo ad Anania da questo segno: "Ecce enim orat" (Atti 9,11). Nella vita sacerdotale chi fa il bene maggiore e più vitale e stabile è anche chi fa più preghiera schietta come l'insegna Gesù, nel discorso della montagna (Mt 6,5-15).

 da: Percorsi di Fede  / La Bibbia  /

Don Alberione fu un grande uomo d’azione, ma ben più grande lo fu dal punto di vista spirituale: trascorreva in preghiera dalle quattro alle sei ore ogni giorno. Si alzava molto presto al mattino: santa Messa, breviario, meditazione, preghiera… Prima di ogni decisione importante passava la notte in adorazione. Recitando le preghiere di don Alberione, autentiche e preziose perle, non solo porterai la preghiera nella vita, ma la vita nella preghiera.

don Vito Fracchiolla

 Preghiera a Maria, Madre della Chiesa e Madre della nostra fede 

 Aiuta, o Madre, la nostra fede!
 Apri il nostro ascolto ala Parola,
 perché riconosciamo la voce di Dio
 e la sua chiamata.
 Sveglia in noi il desiderio
 di seguire i suoi passi,
 uscendo dala nostra terra
 e accogliendo la sua promessa.
 Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore,
 perché possiamo toccarlo con la fede.
 Aiutaci ad affidarci pienamente a Lui,
 a credere nel suo amore, soprattutto
 nei momenti di tribolazione e di croce,
 quando la nostra fede è chiamata a maturare.
 Semina nela nostra fede la gioia del Risorto.
 Ricordaci che chi crede non è mai solo.
 Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù,
 affinché Egli sia luce sul nostro cammino.
 E che questa luce dela fede
 cresca sempre in noi,
 finché arrivi quel giorno senza tramonto,
 che è lo stesso Cristo,
 il Figlio tuo, nostro Signore!

Papa Francesco

lunedì, agosto 18, 2025

Chiesa Angelo Custode

Interno Chiesa  dell' Angelo Custode a Ravenna

                                        

Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo. Lungo Via d’Azeglio, in prossimità di Piazza Baracca, si trova la caratteristica Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo. L’edificio è anche noto come Chiesa degli Angeli Custodi, per via della festività dell’Angelo custode (2 ottobre), ritratto in un dipinto seicentesco anonimo conservato all’interno. Situata un tempo in prossimità del circuito murario cittadino, originariamente (VI secolo d.C.) la chiesa era impostata su tre navate scandite da pilastri con abside collocata dove oggi vi è la facciata. Della struttura originale rimangono solo parte delle murature perimetrali. Dopo aver, infatti, subito un restauro nel X secolo, la chiesa è stata quasi per intero riscostruita nel 1758 grazie all’intervento di Domenico Barbiani. Caratteristico è il campanile d’età medievale (forse del IX secolo), a pianta quadrangolare nelle fasi più antiche e poi successivamente circolare. Secondo alcuni sarebbe uno tra i più antichi conservati in città. Nella sua veste barocca la Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo mostra una pianta a croce latina e una ricca decorazione a stucchi, con affreschi di Cesare Pronti e dipinti di Gioacchino Muzzarelli, Pietro Ciomei, nonché dello stesso Pronti - www.turismo.ra.it


giovedì, agosto 14, 2025

Assunta

SANTUARIO MARIA REGINA DEGLI APOSTOLI

Il Tempio : La doppia cupola

Secondo i desideri di don Giacomo Alberione, il prof. Santagata rappresentò sulla cupola, in un crescendo di toni e di figure ma con ritmo sobrio e conciso, la Maternità spirituale di Maria, nella sua vita terrena e nella sua glorificazione. Una maternità che si estende non solo a tutti i cristiani, ma a tutta l’umanità; e si rivolge in modo particolare ai Vescovi come successori degli Apostoli, ai sacerdoti, alle persone consacrate e a quanti collaborano nell’opera di evangelizzazione.

Gli episodi sono disposti a corona, attorno al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, su un cielo popolato di schiere di angeli come una corolla di petali, fino al turbine leggerissimo degli ultimi cori della cupola superiore.

Nella cupola superiore vediamo, in un disco luminoso, il simbolo dello Spirito Santo, la colomba, circondata da tre vasti cerchi concentrici di angeli ruotanti in volo, quali petali di una rosa che si offre in tutta la sua bellezza.

La colomba dirige il suo volo ad ali distese verso la Vergine (cupola inferiore). La composizione dell’affresco richiama l’Assunzione e la gloria di Maria librata tra cielo e terra, e attorniata da angeli che pregano, suonano, cantano.

Alla sinistra e alla destra della Vergine, le figure del Padre e del Figlio seduti in trono: idealmente completano la figura della colomba, simbolo dello Spirito Santo, dipinta sulla sommità della cupola superiore.

La Madonna – un’immagine di oltre sette metri e mezzo -, poggiando su una nube bianca, apre il suo manto e allarga le braccia, racchiudendo sotto la sua protezione due gruppi simbolici. Il gruppo alla destra di Maria è il gruppo di credenti: tra loro si staglia la bianca figura del Pontefice Pio XII. Il gruppo alla sua sinistra, invece, rappresenta coloro che devono giungere alla fede; qualcosa sta già avvenendo: tra essi infatti possiamo scorgere, inginocchiato, un missionario. Una “luce”, che scende dalla Trinità alle palme stese delle mani di Maria e di qui ai due gruppi simbolici, descrive la sua mediazione di grazie.   

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« Dove vai, o Vergine prudentissima,

che simile all’aurora, sorgi, bella

come la luna,

splendente come

il sole ?».




sabato, giugno 21, 2025

Maria tutta bella sei

 


Tra i volti femminili dell’A. e N. Testamento, il più bello, l’unico immacolato è quello di Maria.
Rapiti, esclamiamo con la Chiesa:

Tutta bella sei, o Maria;
Le tue vesti sono come la neve,
La tua faccia è come il Sole”.

Sei la reggia del cielo,
la perla del paradiso,
il Paradiso di Dio,
la fragranza di Dio!
Trabe nos!
Attiraci, o Maria.

Sul tuo esempio, dacci di amare la verginità che è eccelso dono di Dio, virtù angelica, gemma preziosa, atto di amore perfetto, che vale quanto il martirio, e che è sacrificio più gradito a Dio su questa terra, dopo quello della S.Messa.
Donaci di custodire e rispettare con purezza il nostro corpo, tempio vivo dello Spirito  Santo.

Donaci una vita pura, o Maria!
Liberaci dalla mediocrità e dalle difficoltà, dalle colpe e dalla selva dei peccati nostri; tiraci fuori da noi stessi, dall’amor proprio e dall’egoismo.

Prenditi cura di noi.
Attiraci a Te. Cammineremo anche noi dietro a Te, che vai sollecita verso Dio. Correremo con Te, attirati dal profumo della tua purità,
 e dalla bellezza della tua persona.
E accoglici estasiati sotto il Tuo manto.
Manto candidissimo, stellato.

( dal libro: Ave piena di grazia - 1979  - Domenico Bartoletti)