domenica, giugno 02, 2024

Don Stefano Lamera


Apostolo della vita sacerdotale e delle famiglie
Bariano 26.12.1912 – Roma 01.06.1997 
Brevi cenni biografici


Primo Postulatore Generale della Famiglia Paolina e primo “Delegato” degli Istituti Paolini di Vita Secolare Consacrata aggregati alla Società San Paolo Società San Paolo, “Gesù Sacerdote” e “Santa Famiglia”; fondatore e guida spirituale dell’Associazione “Ancilla Domini”; padre spirituale di migliaia di persone, tra cui tanti religiosi/e, sacerdoti, vescovi e fondatori di nuove istituzioni.
È tornato alla “Casa del Padre” il 1° giugno 1997 a 84 anni di età, 73 di vita paolina, 59 di sacerdozio.
Aveva iniziato la sua vita paolina ad Alba (CN) nel 1923, all’età di undici anni, proveniente da Bariano (BG) dov’era nato il 26 dicembre 1912. La Società San Paolo, fondata dal Beato Giacomo Alberione, muoveva i primi passi e di essi don Stefano fu protagonista e sempre attento testimone. La sua vitalità interiore, la sua fiducia nel Fondatore, la sua perspicacia e il suo entusiasmo si rivelarono ben presto e trovarono applicazione nelle mansioni che via via Don Alberione gli affidava. Ad Alba trascorse tutto il periodo di formazione.

Fu ordinato sacerdote il 18 dicembre 1937.
Campi di apostolato o di servizio: la formativo, la redazione, le comunità. Nel 1955, in particolare, Don Alberione lo nominava Postulatore presso la Congregazione per le Cause dei Santi. E poco tempo dopo, lo stesso Fondatore gli affidava, nominandolo suo delegato, la conduzione degli Istituti “Gesù Sacerdote” e “Santa Famiglia“.
Don Stefano ebbe una prodigiosa ricchezza di parola e di penna e la feconda esperienza spirituale della sua vita dinamica fu piena di entusiasmo e di efficacia apostolica, degno “paolino”, ricco di creatività.

Don Stefano ci parla 

Nelle pagine del santo Vangelo si legge che un giorno si presentò al Divino Maestro un giovanetto. «Gettandosi ai suoi piedi, gli domandò: Maestro buono, cosa devo fare per aver parte alla vita eterna?»
Gesù fissò il suo sguardo su di lui, lo amò e disse: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che hai e dàllo ai poveri: poi vieni e seguimi» (Mt 19,21).
Lo sguardo di Gesù Maestro esprimeva tutta la predilezione, tutta la tenerezza del suo amore divino per quel giovanetto; e le sue parole offrivano a lui il dono inestimabile della vocazione, l’invito ad uno stato di perfezione e di comunione con Lui.
Era l’offerta, l’invito a vivere la stessa vita del Maestro Divino.
Vita di povertà: «Va’! Vendi quello che hai e dàllo ai poveri». Beati i poveri di spirito!
Vita di castità: «Vieni» con me! Amami come sei! I miei interessi siano i tuoi; vivi per me, per il mio trionfo, per la mia causa. Beati i puri di cuore!
Quale maggiore amore che donare la propria vita giorno per giorno al Signore, per tutti i fratelli, per tutta l’umanità?
Vita di obbedienza: «Seguimi». Seguire significa rinunziare alla propria volontà, ai propri gusti, alle proprie vedute, per andare là dove un Altro vuole condurci, percorrendo una via che Egli ha tracciato. Significa abbandonarsi: «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta, o Signore» (Mt 26,42)
Gesù vuole che i suoi “amici” non solo amino la croce come Lui l’ha amata e desiderata; che non solo la portino con Lui per il suo trionfo, a gloria del Padre Celeste e a beneficio di tutti i fratelli; ma Egli desidera che, secondo il proprio stato, essi arrivino alla professione dei Consigli Evangelici. Egli li invita a vivere in pienezza di amore la sua stessa vita:
· in povertà, con Lui che visse poveramente, e che cominciò la vita nella grotta di Betlemme, e la consumò sulla Croce, spoglio di tutto;
· in castità, con Lui che si offerse vittima di amore al Padre Celeste per il bene dell’umanità;
in obbedienza, con Lui che fu obbediente fino alla morte e alla morte di croce: «Io faccio sempre quello che piace al Padre mio».
Gesù Crocifisso benedica tutti i fratelli e le sorelle sofferenti, che già vivono questa vita in intima di amicizia con il Maestro Divino e quanti altri la vivranno fino alla fine dei secoli.


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