DESERTO E RINASCITA – Vito Spagnolo,
SSP
Siamo in pieno tempo di
Quaresima. Tempo in cui la Chiesa ci invita a vivere nel “deserto”, nel
silenzio, nella lettura della Parola di Dio, nella riflessione, nel “ritorno” a
Dio, ad una vita più intima con Gesù, la nostra Via, Verità e Vita, che deve penetrare
sempre più la nostra mente, volontà e cuore, così da vivere di lui, con lui,
per lui, in lui.
In questo periodo stiamo percependo in modo particolare il “tempo di deserto” e di dolore, a pochi giorni dallo strappo che hanno subito i nostri cuori con la morte improvvisa del nostro caro e giovane confratello, consigliere generale, don Joven. Egli stesso, ormai in compagnia del Signore, ci suggerisce di vivere il “deserto” quaresimale, per essere sempre pronti alla chiamata di Dio, in qualunque tempo e forma essa venga, preparandoci già da qui alla comunione profonda con lui, alla cui compagnia vivremo per tutta l’eternità.
Il tempo di Quaresima è il tempo opportuno per cercare e stare con Dio nel silenzio e nella preghiera. C’è bisogno di deserto. Mai come oggi, in questo clima di “apparente socialità e di reale incomunicabilità”, di apparente libertà e di reale schiavitù, diventa urgente il bisogno di liberazione, il bisogno di trovare o di costruirsi un luogo dove poter essere se stessi e coltivare la propria realtà di uomini e donne.
Il deserto è il luogo della rivelazione di Dio. Dio lo si incontra nel deserto, nella solitudine, nelle difficoltà della vita sempre bisognosa di aiuto divino, nella fatica di un cammino duro e difficile. Finché restano le sicurezze umane, le comodità, le certezze fondate sull’intelligenza e sulla forza, Dio è lontano e non lo si capisce. Solo il deserto insegna a cercare Dio, perché solo il deserto porta via all’uomo quella autosufficienza che inganna, facendogli credere di poter bastare a se stesso.
Il deserto è il noviziato voluto da Dio per formare profeti e apostoli. Da Abramo in poi, fino a San Paolo, a don Alberione, una gran numero di santi ha imparato a conoscere la vicinanza di Dio nella solitudine del deserto. Charles de Foucauld ha scritto: “Bisogna attraversare il deserto e nel deserto sostare per ottenere la grazia di Dio. Nel deserto si caccia fuori da se stessi tutto ciò che non è Dio”.
Il deserto è, per antonomasia, il “deserto dell’Esodo”. E già questo nome indica con chiarezza lo scopo del deserto, che è quello di “condurre fuori” (dal greco ex-odos, termine composta dal prefisso “fuori” e dal sostantivo “cammino”) da situazioni di schiavitù e miseria, verso la libertà e la maturità. Nel deserto Dio diventa il padre amoroso e lo sposo appassionato che si prende cura degli uomini da lui stesso guidati e assistiti: “Quando Israele era fanciullo io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. A Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano” (Os 11, 1ss). L’Esodo diventa il paradigma di ogni fede: è l’uscita da se stessi, dalle proprie certezze, dalla propria autosufficienza, è l’uscita dalle proprie idee per fidarsi soltanto di Dio.
Il deserto rivela il vero animo dell’uomo. È una scuola di verità che mette a nudo il cuore dell’uomo. Il deserto è il tempo della lotta. Una lotta contro se stesso, contro i propri comodi, contro le paure e contro le solite abitudine che nel deserto non possono essere assecondate. È la lotta dell’uomo con se stesso per diventare più libero, per non lasciarsi dominare dalle cose. È la lotta per superare i momenti di sfiducia e di stanchezza.
Il deserto fa vedere quello che c’è dentro il cuore, quello che ciascuno si porta dentro, toglie ogni velo e mostra le pieghe più intime del cuore umano. Il deserto conduce alla conversione, cioè alla decisione di vivere in un altro modo: è una nuova “mentalità”, è il “lasciatevi trasformare, rinnovando il vostro modo di pensare” (Rm 12,2) a cui ci invita l’XI Capitolo generale, è un nuovo criterio con il quale misurare la realtà.
Don Alberione ci indica san Paolo
per vivere in pienezza l’esperienza di “deserto” in questa Quaresima, per
raggiungere e avvicinarci sempre più alla meta della nostra vita cristiana e di
consacrazione, e cioè l’unione con Cristo, il paradiso già qui in terra, la
vita eterna nel tempo, assaggio e anticipazione della pienezza di vita in Dio
che desiderosi aspettiamo e desideriamo: «San Paolo fu istruito direttamente
dal Maestro Divino nelle sue estasi, nelle sue contemplazioni, specialmente nel
periodo che trascorse nel deserto per circa tre anni, la trasformazione di se
stesso in Cristo: “il vivere, la mia vita è Gesù Cristo”, vivit vero in me
Christus (Gal 2,20), e l’altra frase che è ancora più significativa, e cioè: la
mia vita è Cristo, mihi vivere Christus est (Fil 1,21)… nel deserto dell’Arabia
egli crocifisse se stesso per vivere di Gesù Cristo».
27-3-2023 da: paulus.net
Nessun commento:
Posta un commento