PALME, PALMA E PALMO
Carissime Annunziatine,
con la Domenica delle Palme facciamo la commemorazione dell’ingresso di
Gesù Cristo in Gerusalemme.
Con questa processione portiamo a compimento la prima parte del cammino
quaresimale, dove dovremmo aver iniziato a preparare i nostri cuori con la
penitenza e le opere di carità. Poi, con il rito delle Palme, in compagnia di
Gesù e dei suoi discepoli e amici, assieme a tutta la Chiesa chiediamo di
essere introdotti al mistero pasquale del nostro Signore, che per dare
compimento alla propria Passione e Risurrezione entrò nella sua città:
Gerusalemme, la città di Davide.
La Liturgia ci invita a seguire sempre il nostro Signore con fede e devozione.
Facendo memoria del suo ingresso salvifico, desideriamo essere resi
partecipi per grazia del mistero della Croce, affinché possiamo anche aver
parte alla sua risurrezione e alla vita eterna. Così esultanti nel seguire Cristo,
nostro Re e Signore, rimanendo uniti a lui come i tralci alla pianta, possiamo
anche portare frutti di opere buone ed infine con Lui giungere alla
Gerusalemme del cielo.
Seguire Gesù sempre
Gesù sale a Gerusalemme per adempiere la sua missione e compiere tutto
quanto è stato predetto dai profeti (cfr. Gv 12,16). Ma lo fa in un modo che
sorprende, anzi sconvolge. Noi vorremmo che le cose potessero andare in un
altro modo, così da evitare lo scandalo e la Croce.
Non siamo poi così diversi da Pietro che disceso dal Tabor (cfr. Mt 16,21-
23) vorrebbe insegnare al suo Maestro quale strada dovrebbe percorrere. Ma
se Pietro non cammina dietro a Gesù non può diventare pescatore di uomini
(cfr. Mt 4,19).
Con umiltà e dolore dei nostri peccati, assieme a Pietro, dobbiamo aspettare
che canti il gallo per comprendere che è molto meglio non abbandonare mai
la sequela del Maestro.
Del resto ci ricorda l’Imitazione di Cristo che «Gesù ha ora molti che amano
il suo regno celeste, ma pochi che portano la sua croce. Molti ne ha che
desiderano la consolazione, ma pochi che desiderano la tribolazione. Trova
molti compagni alla mensa, ma pochi nell’astinenza. Tutti desiderano godere
con Lui, pochi vogliono soffrire qualcosa per Lui e con Lui. Molti seguono
Gesù fino allo spezzare del pane, ma pochi lo seguono fino a bere il calice
della passione» (Imitazione II, 11).
Questo è più che sufficiente per meditare e chiedere la grazia di poter
riuscire sempre a seguire Gesù. A imitazione di chi ha un cuore che batte
sempre all’unisono con quello del Figlio di Dio fin sotto la Croce. O almeno,
a imitazione di Pietro, che si lascia risvegliare dal canto del gallo, così che il
suo cuore torni ad essere vicino al suo Signore per ottenere le grazie dal suo
amore misericordioso che sgorga dalla Passione salvifica di Gesù.
Le palme e la palma
È interessante che continuiamo a chiamare questo rito “processione delle
Palme”, anche se poi usiamo rami di ulivo o di altre piante, come recitano le
rubriche.
Non è casuale, ma oltre il ricordo storico dell’episodio (cfr. palme in Gv
12,13; mantelli e rami di alberi in Mt 21,8 e Mc 11,8) questo termine ha un
valore simbolico-liturgico.
Portare le palme significa anche accompagnare Cristo fino all’ingresso nella
Gerusalemme Celeste. Per questo i martiri sono rappresentati con le palme in
mano. È il simbolo della vittoria di Cristo che portano in Cielo coloro che
sulla terra sono stati scartati, ma che in Cielo sono vittoriosi. Lì nella
Gerusalemme Celeste che è la vera città del Figlio di Davide ed è la nostra
patria eterna.
Nell’Apocalisse quelli che «vengono dalla grande tribolazione e che hanno
lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello» (Ap 7,14)
hanno le palme come segno della loro vittoria e dell’essere di Cristo: «Tutti
stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti
candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani» (Ap 7,9).
La Liturgia della Settimana Santa ci invita a percorrere questo lungo
cammino che inizia col seguire Gesù nell’ingresso nella terrena città di
Davide fino a raggiungere l’ingresso della “Città di Dio” che è la
Gerusalemme Celeste.
Il simbolo delle “palme” rimanda all’intero nostro cammino di sequela di
Gesù fino a giungere in Paradiso passando per la croce.
L’evangelista Giovanni nell’Apocalisse (che è come una grande Liturgia
cosmica) ci mostra non solo quello che sarà alla fine, ma quello che è già
ora. Mentre noi sulla terra, siamo ancora nella via dolorosa della Croce, in
Cielo già si vive accanto all’Agnello con le gloriose palme. Loro ci
aspettano, infatti il numero di coloro che devono ricevere la veste candida
non è ancora completo (cfr. Ap 6,11).
Per questo, anche se usiamo i rami delle piante che possiamo trovare nei
nostri paesi (specialmente gli olivi che storicamente sono anche usati
assieme alle palme nell’ingresso del Messia a Gerusalemme), dobbiamo
pensare simbolicamente alla “palma” che è il segno dei santi martiri in
Cielo.
Dobbiamo contemplare come una doppia processione: noi qui in terra che
procediamo a piedi, mentre in Cielo, gli angeli e i santi, in particolare i
martiri, ci accompagnano e ci aspettano alla fine di quel pellegrinaggio che è
la vita umana.
Il palmo della mano
La simbologia della “palma” ha ancora un aspetto da indicare. Palma viene
da palmo, cioè dalla mano. Infatti la semplice rappresentazione grafica della
mano e della pianta della palma è simile.
Le mani alzate nella preghiera sono come palme innalzate verso il cielo. Il
salmo 134 proclama: «Alzate le mani verso il santuario e benedite il
Signore» (Sl 134,2). Ma ancora più bella è l’espressione del salmo 141: «La
mia preghiera stia davanti a te come incenso, le mie mani alzate come
sacrificio della sera» (Sl 141,2).
Dunque il simbolo della palma rimanda anche alle nostre mani innalzate
nella preghiera... ma anche alla mano di Dio, che con le sue mani ci ha
plasmato. Ed infine al palmo delle mani di Gesù che ci ha redenti.
Sulla Croce vediamo inchiodate le palme delle mani di Gesù: quella è la vera
preghiera gradita al Padre. Da quelle palme grondanti sangue salvifico
riceviamo ogni grazia.
Quelle mani spalancate e inchiodate sulla croce sono quelle che riplasmano
l’uomo a immagine di Cristo.
Adamo è rinnovato in Cristo Gesù, il nuovo Adamo. Per questo la Liturgia
pasquale può esclamare nel canto dell’Exultet: “Felice colpa che meritasti un
così grande redentore”.
Don Gino
(SiatePerfetti-marzo)
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