L’IMMACOLATA
CONCEZIONE
Nel mese di dicembre celebriamo l’evento più
importante della storia dell’umanità: la nascita del Figlio di Dio Gesù Cristo.
La solennità del Natale è preceduta dalle quattro
settimane del tempo di Avvento, tempo di preparazione e di attesa da vivere con
Maria, la Madre del Signore.
Opportunamente, proprio nel cuore di questo tempo,
la Chiesa ci propone una delle maggiori feste mariane: la solennità
dell’Immacolata Concezione.
La data dell’otto dicembre, che fa memoria del
prodigioso concepimento di Maria, preservata dal peccato originale, è legata
alla festa ben più antica della sua natività, giusto nove mesi dopo, l’otto
settembre.
Fondamenti
biblici
Negli anni 1996/97 Giovanni Paolo II dedicò le
catechesi del mercoledì a temi mariani con l’intento di offrire «una sintesi
essenziale della fede della Chiesa su Maria» (Udienza, 3/1/1996).
Seguendo i dati della Scrittura e della Tradizione
apostolica, il papa descrive il ruolo della Vergine nel mistero di Cristo e
della Chiesa e, nell’ampia trattazione, dedica diverse catechesi all’Immacolata
Concezione.
Nel “Protovangelo” (cioè prima Buona Novella) il
Signore dice al serpente: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua
stirpe e la sua stirpe; questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il
calcagno» (Gen 3,15).
Dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dio rivela il suo
piano di salvezza al centro del quale la donna ha un ruolo singolare. Come la
donna, Eva, per prima cedette alla tentazione e divenne alleata del serpente,
così un’altra donna, la nuova Eva cioè Maria, diventerà l’alleata di Dio e
acerrima nemica del serpente.
La frase della Genesi ha ispirato l’immagine
tradizionale dell’Immacolata che schiaccia il serpente sotto i suoi piedi. Gli
esegeti affermano che nel testo ebraico non è la donna ma la sua discendenza
che trionfa su satana.
Considerando però la concezione biblica che
afferma la profonda solidarietà tra genitori e figli, questa rappresentazione è
coerente con il senso originale del passo: l’Immacolata schiaccia il serpente,
non per virtù propria ma della grazia del Figlio (cfr. Udienza, 29/5/1996).
L’inimicizia stabilita da Dio tra il serpente e la
donna, tra il diavolo e la Vergine, implica che Maria sia esente dal peccato e
sottratta al dominio di satana fin dal suo concepimento.
Un secondo passo scritturale è Luca 21,28 dove
l’arcangelo Gabriele si rivolge a Maria con il saluto “chaire”, “rallegrati”, e la chiama “kecharitoméne, “piena di grazia”.
Gabriele la saluta con l’appellativo “piena di
grazia” perché questo è il nome che Maria possiede agli occhi di Dio. La
Vergine è invitata a gioire perché il Signore l’ama e l’ha colmata di grazia in
vista della divina maternità (cfr. Udienza,
8/5/1996).
L’espressione italiana “piena di grazia” non è
però del tutto precisa perché il termine greco “kecharitoméne” è un participio passivo. Si dovrebbe tradurre “resa
piena di grazia” o “colmata di grazia” da parte di Dio.
La liturgia propone proprio questi due brani,
Genesi 3,9-15 e Luca 1,26-38 (1ª lettura e Vangelo), nella Santa Messa della solennità
dell’Immacolata Concezione. Aggiunge poi come seconda lettura il testo di Efesini 2,3-6.11-12 in cui Paolo afferma
che la grazia, donata in pienezza alla Vergine come primizia della redenzione,
è concessa con abbondanza anche a noi, dono gratuito del Padre nel “Figlio
amato”.
Un terzo riferimento all’Immacolata Concezione di
Maria lo troviamo al capitolo dodici dell’Apocalisse che parla di “una donna vestita
di sole”. Gli esegeti vi vedono principalmente la figura della Chiesa che
partorisce Cristo nel dolore. Ma il versetto 5, affermando esplicitamente:
«Essa partorirà un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con
scettro di ferro», suggerisce anche una interpretazione individuale: è Maria la
donna che ha dato alla luce il Messia.
San Giovanni Paolo II commenta questo passo con
una breve ma densa riflessione: «Caratterizzata dalla sua maternità, la donna
“era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto (12,2). Questa
annotazione rimanda alla Madre di Gesù presso la croce (cfr. Gv 19,25), dove
Ella partecipa con l’anima trafitta dalla spada (cfr. Lc 2,35) al travaglio del
parto della comunità dei discepoli. Nonostante le sue sofferenze, è “vestita di
sole” – porta, cioè, il riflesso dello splendore divino –, e appare come “segno
grandioso” del rapporto sponsale di Dio con il suo popolo» (Udienza, 29/5/1996).
La liturgia propone il brano dell’Apocalisse
(12,1-6.10) nella solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria.
Sviluppo
e proclamazione del dogma
I Padri della Chiesa d’Oriente, fin dai primi
secoli, riconoscono nella Vergine una pienezza di santità del tutto singolare e
la celebrano con il titolo di “Panaghìa”,
“tutta santa”.
In Occidente invece la dottrina della santità
della Beata Vergine fin dal concepimento trova difficoltà ad essere accolta per
le affermazioni paoline sulla universalità del peccato. Anche il grande dottore
e teologo sant’Agostino, pur convinto della purezza e della perfetta santità di
Maria non riesce ad intuire come Ella possa essere esente dal peccato
originale. Se così fosse, non sarebbe stata redenta da Cristo perché redenzione
significa proprio liberazione dal peccato.
Dopo diversi secoli, il teologo francescano Duns
Scoto (+1308) trova la soluzione a questa difficoltà. Egli, sviluppando le
intuizioni di alcuni teologi del secolo precedente, introduce il concetto di
“redenzione preservatrice”: la Vergine Maria è dunque la prima redenta da
Cristo, in modo mirabile redenta.
Questo privilegio mette ancor più in evidenza
l’opera redentrice di Cristo che non solo libera, ma anche preserva dal
peccato. La preservazione, che è totale in Maria, agisce anche in noi perché
Gesù, liberandoci dal peccato, ci dona la grazia e la forza di vincerne
l’influenza nella nostra vita. (cfr. Udienza,
5/6/1996).
La dottrina del beato Duns Scoto sarà sempre più
accolta dai teologi, non senza però suscitare accese controversie e diatribe.
Giungiamo finalmente all’Ottocento quando, nel
1854, papa Pio IX proclama solennemente il dogma con la Bolla Ineffabilis.
A questo pronunciamento la Chiesa giunge dopo un
lungo percorso a cui hanno contribuito molti elementi e componenti del popolo
cristiano sotto la guida dello Spirito Santo: a) la fede popolare che mai
dubitò di questa verità, sostenuta anche dalla predicazione francescana; b)
l’introduzione della festa nel IX secolo nell’Italia meridionale, estesa a Roma
nel 1484 e poi in tutta la Chiesa nel 1708; c) Lo sviluppo della liturgia,
l’approfondimento teologico e alcuni interventi del Magistero prima del 1854.
Pio IX prima di decidere, convoca una commissione
di teologi e consulta tutti i 604 vescovi – quasi un “concilio per iscritto” –
che risposero positivamente.
Concludiamo con due strofe della bella preghiera
all’Immacolata pronunciata da papa Francesco l’8 dicembre 2013:
«Vergine Santa e Immacolata,
a Te, che sei l’onore del nostro popolo
e la custode premurosa della nostra città,
ci rivolgiamo con confidenza e amore.
Tu sei la Tutta Bella, o Maria!
Il peccato non è in Te.
abitino purezza e castità,
nella nostra vita si renda presente
tutta la bellezza del Vangelo».
Maria A S.
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