mercoledì, aprile 02, 2025

CROCIFISSO: UN LIBRO DA MEDITARE

 Crocifisso: un libro da meditare



Carissime Annunziatine,

il cammino quaresimale è tutto un protendersi verso il centro dell’Anno Liturgico, al culmine della celebrazione di Pasqua. Protendersi significa essere sbilanciati verso questa meta, cioè desiderarlo e concretamente procedere verso il traguardo.

L’Anno Liturgico è insieme un cammino di catechesi (cioè di conoscenza del mistero), un percorso celebrativo (cioè di partecipazione della Chiesa tutta a tutti i misteri di Cristo) ma anche di unione personale al Mistero di Cristo conosciuto, celebrato e vissuto.

Nel Triduo Pasquale tutto il mistero della nostra salvezza e della nostra unione a Cristo si condensa e si realizza. Ma per noi la grandezza di questo mistero è troppo grande per coglierla e comprenderla tutta assieme: abbiamo bisogno di tempi più lunghi, ci è necessario un lungo itinerario per giungere alla piena e vitale comprensione.

Inoltre è anche necessario un cammino individuale in questo protendersi verso Cristo Maestro Via Verità e Vita. Come esiste una preghiera comunitaria liturgica, è necessaria anche una preghiera individuale. Per questo cammino abbiamo bisogno di avere un centro ove il nostro cuore, la nostra mente ed i nostri occhi possano indirizzarsi in modo concorde.

Il Crocifisso: un “libro” da dare

La tradizione cristiana lungo i secoli ha imparato a guardare al Crocifisso, per meditare e contemplare tutto intero il Mistero, velato nella Gloria, ma manifesto nel Mistero d’amore.

Per contemplare Gesù sulla croce non abbiamo bisogno di essere esperti di tante scienze, basta la conoscenza amorosa: chi ama comprende l’amore lì dove si manifesta. Serve solo aprire il cuore, la mente e abbracciare il mistero della misericordia divina.

Coloro che sono assuefatti ai libri rischiano di avere tanta testa ma poco cuore. È un salutare rimedio guardare, contemplare la Croce di Gesù. Non serve camminare tanto né pensare molto per raggiungere questa meta: basta alzare lo sguardo, aprire il cuore e lasciarsi interrogare dall’amore di Cristo.

Nel 1933 il Primo Maestro ricorda che «Vi sono delle persone che non sanno leggere, eppure per loro il Crocifisso è un gran libro!» (Apostolato Stampa, p. 69), e ripete nel 1944: «Il Crocifisso è un gran libro anche per le persone che non sanno leggere» (Apostolato dell’Edizione, n. 374).

Sempre nel 1933 don Alberione afferma che «Il Crocifisso è il più bello di tutti i libri» (Requiescite Pusillum, p. 48).

Fa parte del nostro apostolato offrire un Crocifisso. Talvolta prima del Vangelo (sarebbe meglio insieme) dovremmo dare un Crocifisso: lì dove si contempla quello di cui i Vangeli narrano. Gli analfabeti lo comprendono, ma anche i dottori vi sanno leggere il mistero di Dio.

Il gran libro di meditazione

La Quaresima è in modo particolare il templo in cui si deve guardare di più a Cristo in croce, per imparare i suoi insegnamenti.

«Il libro che ci sta aperto in tutto il tempo della Quaresima è il Crocifisso: il grande libro in cui dobbiamo leggere ed imparare. Questo libro dice: “Io sono il buon Pastore e do la mia vita per le pecorelle” (Gv 10,11). Il Crocifisso è una scuola per noi tutti e ci dice che per salvare le pecorelle bisogna sacrificarsi, donare la sofferenza, i sacrifici. Gesù crocifisso ci dice: “Io per salvare le pecorelle, ho sofferto la sete e gli insulti”. Persuadersi della lezione del Crocifisso» (Alberione, Alle pastorelle 1952, V, p. 191).

Il Primo Maestro afferma che il Crocifisso è un “libro” perché lungo i secoli molti lo hanno guardato, ma soprattutto contemplato, portando frutti di santità.

«Il Crocifisso fu il gran libro di meditazione per tanti santi i quali da Lui hanno imparato la pratica di tutte le virtù e si sono fatti programma di amore, di imitare le sofferenze del Salvatore ed hanno attinto dalla meditazione della Croce la forza nel loro Apostolato, nel vincere sé stessi, nel crescere in perfezione. La scuola di Gesù appassionato è una delle scuole che si aprono a tutta l’umanità, è una delle scuole più utili. È la scuola dell’amore, del dolore e della risurrezione» (Alle Figlie di San Paolo 1943, p. 431).

La scuola di Gesù è per tutti e adatta a tutti, ai grandi e ai piccoli, anche a loro bisogna insegnare a meditare la Croce di Gesù. I piccoli comprendono assai bene il sacrificio per amore. «La sua scuola comincia dal presepio e continua sino al Calvario. La sua scuola è aperta a tutti» (Alberione, Prefazione in Il Vangelo narrato ai piccoli, 1936).

Per anime che amano

La devozione a Gesù in Croce è per le anime che amano davvero. Don Alberione la vede come modello delle anime ardenti come san Paolo e ci invita ad imitarlo nella passione per la Croce: «La devozione al Crocifisso è la divozione delle anime amanti. Forse non troviamo anima più ardente e più infiammata di san Paolo per il divino Crocifisso. Le figlie che vogliono somigliare al Padre, devono imitarlo; almeno facciano l'ossequio del segno di croce, sempre ripetuto con amore al Crocifisso» (Alle Figlie di San Paolo 1946, p. 289).

Chi ama è appassionato e lo fa con tutta la sua umanità, spesso siamo così razionali che controlliamo e blocchiamo tutti i sentimenti. Ma Gesù si è incarnato perché ama tutto l’uomo, mica solo la testa.

Raccontando di santa Gemma Galgani, cui don Alberione era molto devoto, raccomanda di imitarla anche nel suo modo di fare. «Stampare sul crocifisso molti baci caldi. Chi lo ha crocifisso? Il peccatore. Chi è innocente scagli la prima pietra. Il peccato rovina l’anima» (Alle Pastorelle 1953, VI, p. 108).

Infine, nell’anno del Giubileo della speranza, è bene ricordarci che il fondamento della speranza cristiana è proprio in Gesù sulla Croce.

«La nostra speranza deve essere rivolta al Crocifisso da cui speriamo grazia e forza per proseguire la via intrapresa, perché non ci avvenga di sederci sfiduciati o, quel che è peggio, di abbandonare la strada diritta. Speriamo dunque dal Crocifisso la salvezza, la forza, la vita, il coraggio e la costanza. Quando nel nostro cammino siamo tentati di scoraggiamento, il che avviene spesso, volgiamo l'occhio in su» (Alle Figlie di San Paolo 1937, p. 557).

Don Gino

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