venerdì, marzo 29, 2024

Tempo di Pasqua e della Chiesa


Carissime Annunziatine, 

il Tempo Pasquale, cioè tra Pasqua e Pentecoste, è anche il “tempo della Chiesa”, cioè della nostra storia, in cui camminiamo verso la pienezza del dono di Dio, che celebriamo nella Solennità di Pentecoste, ma che si compirà pienamente solo nella Gerusalemme celeste. Il tempo liturgico ci accompagna verso il compimento della storia che è la salvezza, e che ora è da conquistare nel quotidiano. La solennità di Pentecoste, che celebriamo in comunione con la Chiesa celeste, ci ricorda la caparra dello Spirito che già possediamo ed insieme ci invita a procedere con prontezza verso il pieno possesso che avremo nella Gerusalemme celeste. Gli Apostoli ricolmi del Santo Spirito sono immagine della Chiesa ricolma totalmente di Dio, quando Dio sarà tutto in tutti e quando nessuno avrà bisogno di essere ammaestrato da altri (cfr. Is 33,33-34). Il nostro Tempo Pasquale – cinquanta giorni di festa come un’unica Pasqua – non è ancora un possesso pieno ma un cammino verso l’eredità eterna. Rimane sempre vero, in ogni caso, che il Regno dei Cieli non è di questo mondo. 

Vangelo di Giovanni, Atti e Apocalisse

Il Lezionario in questo tempo ci propone la lettura del Vangelo di Giovanni, degli Atti degli Apostoli di Luca (di cui se ne legge meno della metà) e nell’Ufficio delle Letture, meditiamo il Libro dell’Apocalisse. C’è un parallelismo tra gli Atti degli Apostoli e l’Apocalisse. Infatti entrambi parlano della Chiesa e si rivolgono alla Chiesa (e non solo quella degli inizi) che cresce e si sviluppa sotto l’influsso dello Spirito, per giungere sino ai confini del mondo (in particolare gli Atti degli Apostoli) e fino al traguardo della storia (in particolare l’Apocalisse). Siamo nel tempo dopo la Risurrezione e leggiamo il Vangelo di Giovanni nella prima parte, dove racconta di quando Gesù era presente tra gli uomini, quando predicava nella Galilea e nella Giudea a chi era assetato della Parola di Dio, e formava i suoi apostoli perché potessero annunciarlo. Sperimentando che Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo unico figlio affinché tutti gli uomini siano salvi (cfr. Gv 3,16-17). Questo si potrà realizzare con la predicazione del suo corpo mistico, quando la Chiesa giungerà sino ai confini del mondo (confini di spazio e di tempo). Gli Atti degli Apostoli presentano gli inizi della Chiesa, che cresce e si sviluppa, ma che rimane sempre in missione. Quello che è stato della Chiesa agli inizi rimane paradigmatico per la Chiesa di tutti i tempi. Il Libro dell’Apocalisse è un libro amato da mistici, artisti e poeti, meno dagli studiosi. Anche questo è un libro della Chiesa. Spesso, sbagliando, lo si definisce il libro degli ultimi tempi, mentre in realtà è il libro della Chiesa nella storia, cioè è il presente che va colto anche in modo simbolico. Il libro termina con i bellissimi e struggenti versetti: «Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”. E chi ascolta, ripeta: “Vieni!”. Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l’acqua della vita. (...) Colui che attesta queste cose dice: “Sì, vengo presto!”. Amen. Vieni, Signore Gesù» (Ap 22,17 e 20). Versetti che ci ricordano cosa devono essere le nostre liturgie: un incessante invito al Signore Gesù di venire a ricolmarci della sua Grazia nel nostro cammino verso il Regno dei Cieli.

Tempo della Chiesa: fede in tempi difficili 

È interessante osservare come san Luca e san Giovanni abbiano scritto sia un libro sulla vita di Cristo sia un libro su cosa succede dopo, cioè sulla vita della Chiesa. Essa infatti è il corpo mistico di Cristo: quello che possiamo vedere adesso.
Spesso ci spaventiamo delle immagini dell’Apocalisse che illustrano gli eventi delle schiere celesti e anti-celesti, mentre ci consoliamo della grande pace e speranza che troviamo negli Atti degli Apostoli. In realtà non comprendiamo bene nessuno dei due libri. Contestualizzando i due testi, ci rendiamo conto che sono più simili di quanto appaia a prima vista: in tempi estremamente difficili sono entrambi ricolmi di speranza. Gli Atti degli Apostoli furono scritti poco dopo la distruzione di Israele e, non dimentichiamolo, anche di tutte le comunità cristiane che vi si trovavano. Allora ci dovremmo stupire che oltre alla parresia e alla gioia che i pagani si convertono, non si accenni anche della grande tribolazione. L’Apocalisse viene scritta quasi una generazione più tardi, quando ormai anche le speranze di riedificare il Regno di Israele sono perdute. Tuttavia la Chiesa, pur perseguitata dall’esterno e provata all’interno, continua a crescere: veramente il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani. Ma avere il coraggio di proclamare in questo momento che la grande Babilonia (cioè Roma) è caduta (cfr. Ap 14,8; 16,19; 17,5; 18,2.10.21) è un segno di impressionate fiducia che il Signore sta per venire e non ci ha affatto dimenticato. Bisogna guardare agli avvenimenti storici con altri occhi: quelli della fede. Riguardo agli Atti degli Apostoli, rimaniamo stupiti del finale: giunto a Roma, Paolo in catene liberamente annuncia Cristo. Sembra che manchi un finale. Ma questa conclusione di san Luca mostra che in questo modo si sta compiendo quanto chiesto agli apostoli da Gesù nell’Ascensione: «“Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?”. Ma egli rispose: “Non spetta a voi conoscere tempi (...) ma riceverete la forza dallo Spirito Santo (...) e di me sarete testimoni (...) fino ai confini della terra”» (At 1,6-8). Ebbene, Paolo giunge ad evangelizzare Roma/Babilonia. È incatenato e tuttavia può annunciare a chi viene a trovarlo. Non realizza forse questo? San Giovanni è esiliato a Patmos ed è impedito ad annunciare il Vangelo di Gesù, tuttavia scrive ed ancora oggi possiamo ascoltare i suoi scritti. Anche qui si giunge agli “estremi”, alle “ultime realtà”. Dunque anche noi dobbiamo essere di Gesù con coraggio e fede gioiosa. Ma occorre domandandarsi: dove sono oggi “gli ultimi posti”, dove la forza dello Spirito desidera portarci a testimoniare Cristo con la nostra vita e con le nostre parole? 

Don Gino

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